Buonasera sono comproprietario al 50% con mio fratello di un immobile. Per una serie di vicissitudini ho troncato totalmente e vorrei vendermi la mia quota ovvero la mia metà 50% . Come mi devo comportare? Non posso vendermi la mia quota perché nessuno comprerebbe una casa al 50%. O quanto meno è molto difficile. Lui sta creando problemi perché non ha intenzione di vendere la sua metà. Leggevo in giro che si può ottenere una mediazione. Ci sono altre strade?. Datemi tutte le info possibili e tutti preventivi necessari per avviare le pratiche. Grazie
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Gentile Sig. Starrantino,
in una situazione quale quella che descrive Lei ha diverse possibilità.
Potrebbe informarsi con Suo fratello se è disposto ad acquistare la Suo quota (visto che non pare sia disposto a venderla).
Nel caso in cui non raggiunga un accordo, può chiedere lo scioglimento della comunione.
Se il bene è divisibile (potrebbero ricavarsi 2 appartamenti senza particolari problemi), può procedersi a frazionare l'immobile in tal senso.
Se il bene non è divisibile, o non facilmente divisibile, si dovrà azionare la procedura di divisione giudiziale, con mediazione obbligatoria come condizione di procedibilità della domanda.
Nel corso del procedimento di divisione, l'immobile verrà stimato da un tecnico nominato dal Tribunale e, successivamente, verrà venduto all'asta indiviso.
Si tratta di un procedimento piuttosto lungo e che presenta dei costi da anticipare abbastanza elevati (principalmente il compenso del tecnico).
Per il preventivo mi contatti pure.
Resto a disposizione per ogni chiarimento.
Distinti saluti
Avv. Alessandro Tadei
Buongiorno, la comproprietà indivisa di un bene sul quale ciascuno dei comproprietari ha diritto di godimento e di disposizione pieno purché consenta agli altri comunisti di fare altrettanto, dura fino a quando anche uno dei proprietari comunisti decide di chiedere lo scioglimento della comunione, in quanto è un suo diritto. A questo punto ha diverse strade da tentare, in primo luogo ove il bene è divisibile, proporre agli altri partecipanti il frazionamento del bene, in questo caso da una unità immobiliare se ne ricavano due (o più) in parti uguali, ove ciò sia possibile. Se invece il bene non è divisibile o perlomeno non lo è senza deprezzare fortemente il suo valore, e nemmeno vi è la volontà degli altri comunisti ad acquistare la quota di chi vuole lo scioglimento né è disposto a vendere la sua quota, non resta che attivare la procedura obbligatoria di mediazione, magari con valutazione di stima del prezzo di vendita dell'intero e della singola quota affinché il comunista restìo possa convincersi a mutare atteggiamento in sede di mediazione; se neanche la mediazione riesce, si deve attivare un giudizio ordinario di divisione del bene, dove verrà nominato un ctu per la stima dell'immobile in quanto la domanda di divisione contiene implicitamente anche la domanda di vendita all'asta dell'immobile indiviso. I costi di un giudizio di divisione, che solitamente dura degli anni, possono essere anche molto elevati per chi li anticipa. Tuttavia, le spese del giudizio di divisione non sono regolate dal principio della soccombenza, ma vengono liquidate a carico della massa (ricavato della vendita) con la sentenza che definisce il giudizio o con l’ordinanza ex art. 789 c.p.c. di approvazione del progetto divisionale, tranne il caso in cui tali spese siano cagionate da eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione da parte di uno dei chiamati, in tal caso si applica il principio della soccombenza. Rimanendo a disposizione per chiarimenti od assistenza, invio cordiali saluti, studiolegalechiera.
Gent.mo,è un tema che ritengo sia opportuno Lei lo affronti in una consulenza che possa permettere di comprendere alcuni dettagli.Se ha necessità restiamo a disposizione.Cordialmente. Studio Amw