Penale patto di non concorrenza

Inviata da Jacopo Cina. 26 lug 2018 Diritto processuale

Buongiorno, mi e' stato proposto da poco un patto di non concorrenza con la mia azienda attuale. Tale patto presenta un vincolo di 12 mesi. Un incremento di 4 mila euro lordi annui sullo stipendio, e in caso di violazione la restituzione di tutti i soldi presi tramite il patto, piu' una penale del doppio di una annualitá del patto (8 mila euro).
Le mie domande sono:
- il patto ha durata illimitata fintanto che sono dipendente dell'azienda?
- nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, avrei un vincolo di 12 mesi (quindi nettamente inferiore ai 3 anni per un dipendente, da normativa giuridica del codice civile)?
- la penale da pagare non e' esagerata rispetto all'ammontare dell'aumento dovuto dal patto?

Grazie
Cina Jacopo

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Gentile Jacopo,
i 12 mesi decorrono dal momento in cui lascia l'azienda; finché vi lavora non potrà, chiaramente, svolgere attività in concorrenza con essa.
La penale è effettivamente alta, ma la valutazione in merito spetta al giudice, che potrà ridurla se la ritiene manifestamente eccessiva.
Resto a disposizione per eventuali chiarimenti.
Distinti saluti
Avv. Alessandro Tadei

Avv. Alessandro Tadei Avvocato a Fano

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Buongiorno, purtroppo, senza poter leggere la proposta di patto di non concorrenza non sarei in grado di risponderLe precisamente.
Il patto , in ogni caso, sussiste automaticamente in costanza di rapporto di lavoro dipendente. Ai sensi dell’art.2105 c.c., il dipendente non può trattare affari per conto proprio o di terzi in concorrenza con l’imprenditore, per limitare l’attività del lavoratore per il periodo successivo alla cessazione del rapporto è, invece, necessario, stipulare, per iscritto, uno specifico accordo.

Circa l’obbligo ex art.2105 c.c. si segnala che con la recente sentenza n.8131 del 29 marzo 2017 la Cassazione ha riaffermato alcuni principi tra i quali, in particolare, quello secondo cui tale obbligo deve essere integrato con i principi generali di correttezza e buona fede, con la conseguenza che lo stesso deve intendersi come divieto di condotte che siano in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’impresa o che creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa o che siano comunque idonee a ledere in modo irreparabile il vincolo fiduciario.

Avv. Antonio Cesarini Avvocato a Bergamo

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