Salve,
sono Martina. Ho una situazione familiare complicata: mio padre insulta sempre me e mia madre, senza però arrivare mai alle mani. Sa che lo denuncerei, quindi si limita a far sentire me e mia mamma delle nullità. Non mi ha mai menato, però delle volte sento le urla di mio padre in casa, dei forti rumori ed in seguito il pianto di mia madre. Intanto io sono rinchiusa nella mia stanza senza poter fare nulla. So per certo che mio padre ha tradito mia madre, ma lei è troppo ingenua per poter fare qualcosa. Sono stanca, deve pur esistere un modo per uscire da questa situazione. Posso fare qualcosa? Grazie mille in anticipo.
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Salve Martina,
Recente giurisprudenza di merito e di legittimità ha aperto alla tutela penale degli abusi psicologici quando essi, nel caso di un rapporto personale continuativo tra autore del reato e vittima, sono connotati da sistematiche e abituali sopraffazioni psicologiche, maggiormente verificatesi nell’ambito delle mura domestiche.
Esse devono rendere dolorose le relazioni familiari e determinare uno stato di avvilimento morale vuoi con atti, vuoi con parole che offendono il decoro e la dignità della persona, nonché con violenze (psicologiche appunto) capaci di produrre sensazioni dolorose pur senza lasciare traccia visibile.
Ci sono parole, azioni, comportamenti, interazioni che nessuna legge punisce (o riesce a punire, almeno fino ad oggi), ma che possono risultare ancor più invalidanti di una ecchimosi o di uno sfregio, perché feriscono, tagliano e segnano in modo indelebile la coscienza. Si tratta di una violenza che riguarda situazioni diverse sia di tipo carenziale-omissivo che di tipo attivamente lesivo, che colpiscono il benessere emotivo e psicologico della vittima.
Alla luce di ciò, se i comportamenti di suo padre sono assimilabili a quelli citati in precedenza esistono i presupposti giuridici per procedere con un'azione legale.
Avv. Anna Realmuto
Buongiorno Martina,
letta la sua domanda ritengo che potrebbero sussistere i presupposti per l'esercizio di una azione legale nei confronti di suo padre.
In particolare, l'art. 572 c.p., rubricato maltrattamenti in famiglia o verso conviventi, punisce chi, con atti vessatori, prevaricatori od oppressivi e con condotte reiterate provoca sofferenza fisica o morale ad un familiare o convivente.
Il fatto deve essere costituito da una condotta abituale che si estrinseca nel compimento di più atti, delittuosi o meno, realizzati in momenti successivi nella consapevolezza di ledere l'integrità fisica e il patrimonio morale del soggetto passivo, così da sottoporlo ad un regime vessatorio.
Come da giurisprudenza, il delitto in esame può essere costituito anche da atti che, singolarmente considerati, non costituiscono reato, come, ad esempio, i fatti che producono sofferenze solo morali come lo spavento, l'angoscia o il patema d'animo.
Il reato ha condotta plurima, pertanto, per la sua integrazione non sono sufficienti singoli e sporadici episodi occasionali, in quanto i più atti che danno vita all'elemento materiale del reato devono essere collegati da un nesso di abitualita e devono essere avvinti, nel loro svolgimento, da un'unica intenzione criminosa; non è tuttavia necessario che il comportamento dell'agente perduri indefinitivamente, bastando che la situazione penosa della vittima si sia protratta per un lasso apprezzabile di tempo.
Per la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, poi, secondo la giurisprudenza è sufficiente la consapevolezza dell'agente di persistere in un'attività vessatoria.
Il codice, inoltre, mette a sua disposizione rimedi cautelari quali l'allontanamento dalla casa familiare o il divieto di frequentare i luoghi abitualmente frequentati dall'offeso, i quali le garantirebbero una specifica tutela verso i comportamenti da lei denunciati.
Buongiorno Martina.
Gli articoli 342 bis e 342 ter del codice civile regolamentano i cosiddetti "ordini di protezione contro gli abusi familiari". Il Giudice può ordinare al coniuge o convivente "abusante" la cessazione della condotta pregiudizievole e disporne l'allontanamento dal domicilio coniugale e il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati da chi subisce tali condotte. Si rivolga ad un avvocato oppure si rechi alla Polizia di Stato per segnalare quanto accade.
Se Lei vive nella mia zona (Lombardia - Busto Arsizio) potrò segnalarle concretamente a chi rivolgersi. Buona giornata.
I maltrattamenti in famiglia non si concretizzano solo in quelli fisici ma anche nelle violenze psicologiche. Quindi e' sicuramente possibile procedere con una denuncia. Le consiglio peraltro in via preliminare di segnalare la situazione ai servizi sociali di zona, che potranno oltre che ascoltarla anche chiamare suo padre, facendogli presente l'inopportunità di persistere in tale comportamento. Ritengo che potrebbe essere un percorso utile e veloce.
Cordiali saluti
Avv. Chiara Persichetti