Codice rosso e violenza sulle donne: come tutelarsi
In quest'intervista parliamo di come si possa definire violenza e, soprattutto, quali sono gli strumenti affinché le donne possano denunciare e tutelarsi. Nessuna è sola.
In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eleminazione della violenza contro le donne, vogliamo pubblicare la trascrizione dell’intervista a Elena Tomayer, avvocata che intervistammo ad aprile nel nostro profilo di Instagram.
Durante l'intervista, infatti, parlammo della violenza sulle donne: sebbene sia un tema molto complesso e, tal volta, difficile da catalogare, parliamo di cos'è la violenza, quali sono i canali attraverso cui una donna può tutelarsi, sia psicologicamente sia legalmente, e come ci si può comportare in queste spiacevoli situazioni. Vogliamo riproporre queste parole con lo scopo di aiutare donne che purtroppo stanno vivendo queste situazioni e ricordare loro che non sono sole.
Inizia l'intervista.
Gentile Avv. Tomayer: può spiegarci, in termini legali, quali sono i vari tipi di violenza? Quali sono, ad esempio, la differenza legale tra violenza sessuale, etc?
Esistono tanti tipi di violenza.
- Violenza verbale: nessun ha diritto di tenerci ferme, soggiogate, sotto minaccia, etc. mediante comportamenti di violenza verbale: urla, insulti, minacce, tutto allo scopo di farci sentire inutili, non adeguate, parassiti della nostra vittima.
- Il bacio: la vittima ha diritto di dire di no anche a quello, e mi riferisco alle vittime più giovani, anche molto giovani di 10/12 anni o anche 14/16 anni. In ogni caso, a qualsiasi età si può dire di no e se la nostra volontà non è rispettata, questa è una violenza.
- Il tocco: nessuno deve toccarci, da nessuna parte, né un braccio, una gamba, il viso, fino alle parti più intime se noi non lo vogliamo: basta un semplice no, o anche scostarsi e questo è il segnale più che sufficiente per comunicare all’aggressore che DEVE FERMARSI. Se non lo fa, questa è violenza.
- Rapporto sessuale, tentati, consumato, completo o parziale: questo è il caso più grave. È violenza anche se abbiamo accettato i primi approcci di tocco o anche qualcosa di più, ma se al momento dell’atto sessuale cambiamo idea e diciamo di no, tentiamo di allontanarci dall’uomo e lui ce lo impedisce e va avanti, NON SENTIAMOCI IN COLPA: abbiamo diritto di fermarsi sempre e in qualsiasi momento.
- Altri casi: anche qualora in passato abbiamo avuto uno dei rapporti prima descritti, questo non significa che dovremo accettarlo per sempre. Possiamo averlo voluto una volta, ma rifiutare la seconda. Se l’aggressore non accetta il no, denunciate: nessuno potrà mai dirvi “prima ci sei stata, quindi la seconda volta era chiaro che prestavi il consenso”. NON e’ così, possiamo cambiare idea tutte le volte che vogliamo, dal marito, al compagno, al fidanzato, all’amico.
Dopo aver subito violenza, quali sono i processi che dovrebbe seguire una vittima per potersi tutelare legalmente?
La cosa migliore sarebbe rivolgersi subito ad un Pronto soccorso. Poche volte, però, ne abbiamo coraggio.
Non abbiate vergogna di rivolgervi ad un avvocato, ma sceglietelo con cura, qualcuno che sappia trattare bene la materia. E’ il vostro primo aiuto, non deve essere una seconda violenza.
Sarà poi il legale che vi accompagnerà per mano e vi metterà nelle condizioni, condividendo con voi ogni passo, ogni decisione, alcune diverse figure professionali, prima tra tutte una terapista, che, insieme all’avvocato, vi accompagneranno sulla strada della denuncia e di tutto quello che ne consegue.
Ma tutto con molta calma, rispettando i vostri tempi. Allontanatevi da professionisti che vi mettono fretta o che non condividono ed accettano i vostri tempi o, peggio, non vi coinvolgono prima di agire, nei passi legale.
Quali sono le prove che dovrebbe avere per provare la violenza? E, soprattutto, dopo quanto tempo si può sporgere denuncia?
Innanzitutto, la vittima è testimone di sè stessa a tutti gli effetti. Questo in tutti i reati, in questo in particolar modo. Difficilmente esistono testimoni. Quindi non abbiate paura di non essere credute perché siete sole, nessuno ha assistito, è normale.
Poi, sarebbe bene avere anche una prova medica, ma questo quando la violenza ha lasciato dei segni, siamo già nelle ipotesi più gravi.
Il bravo avvocato saprà trovarvi i c.d. indizi: un vicino di casa che ha sentito urla, che vi ha visto scappare di casa, che vi ha visto sconvolte, piangere, anche giorni dopo.
Non abbiate paura se, in prima battuta, nessuno vorrà testimoniare, l’avvocato sa come riportare la c.d. “persona informata sui fatti” al proprio doveroso senso civico.
Esistono più elemento di prova di quello che credete!
Perché ci sono moltissime donne nel nostro Paese che non denunciano e come possiamo fare affinché questo modus operandi cambi nel corso degli anni?
Poche donne denunciano per un motivo molto semplice: la paura di non essere credute.
In qualche caso, anche per la paura dell’aggressione.
Rivolgetevi ad un professionista con il quale si crei subito empatia, sinergie, FIDUCIA. Con calma, secondo i Vostri tempi, si troverà il modo giusto per denunciare, essere credute e mettervi in sicurezza rispetto alle reazioni dell’aggressore.
Da professionale e da cittadina, cosa direbbe adesso stesso a una donna consapevole di aver subito violenza ma che, spaventata dai vari pregiudizi esterni, ha paura di denunciare?
Sappi che non sei sola e che nessuno ti lascerà da sola; sarai creduta. Abbandona i sensi di colpa: NON E’ MAI COLPA TUA, NON HAI NESSUNA COLPA per quanto Ti è accaduto!!
Nessuno ti esporrà a fare una denuncia e poi ti abbandonerà a te stessa, con il rischio di non ottenere giustizia e di ritrovarti piena di sensi di colpa e più vittima di prima: non solo da parte dell’aggressore, ma anche del tessuto sociale (amici, parenti, conoscenti, vicini di casa, etc.)
Quindi affidati al professionista giusto, fatti guidare, fatti ascoltare, racconta, scrivi quello che hai vissuto, dai tutto al tuo Avvocato e alle persone di riferimento che ti accompagneranno in questo percorso.
Ringraziamo l’Avv. Elena Tomayer per queste spiegazioni e, soprattutto, per il suo contributo ad aiutare tante persone con il suo lavoro.
Inoltre, ricordiamo in questo articolo, come poter chiedere aiuto solo con l'alfabeto delle mani: come ricorda quest'articolo della Repubblica (da cui condividiamo la foto) si può chiedere aiuto mostrando quattro dita delle mani e chiudere, in seguito, il pugno. In qualsiasi situazione questo gesto verrà riconosciuto come un segnale di aiuto.