In arrivo 34 milioni di nuove cartelle esattoriali dall'Agenzia delle Entrate: cosa sapere per non farsi cogliere impreparati
In occasione della ripresa delle attività di riscossione dell'Agenzia delle Entrate, l'articolo offre una panoramica dei rimedi utilizzabili dal cittadino e dei termini entro cui attivarli
Come ricordato da numerose testate giornalistiche, nelmese di gennaio 2021 riprenderannoinfatti le attività di notifica di nuove cartelle, avvisi di accertamento e pignoramenti, precedentemente sospese dai c.d. Decreti Covid-19 (Decreto "Cura Italia", "Decreto Rilancio", il "Decreto Agosto", il Decreto Legge n. 125/2020 eil "Decreto Ristori-quater").
In particolare, con detti provvedimenti il Governo, al fine di non gravare ulteriormente sulle finanze degli italiani, già duramente colpite dai provvedimenti di contenimento dell'emergenza sanitaria, aveva tra l'altro disposto la sospensione, sino al 31 dicembre 2020:
- dei termini di pagamento dei debiti tributari e non tributari derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di accertamento e avvisi di addebito INPS, già notificate a marzo 2020 e in scadenza nel periodo compreso tra l'8 marzo e il 31 maggio 2020;
- delle attività di notifica di nuove cartelle di pagamento, avvisi di addebito e delle altre attività di recupero, esecutive e cautelari (pignoramenti, iscrizioni ipotecarie, fermo amministrativo del veicolo etc);
- degli obblighi derivanti da pignoramenti presso terzi su stipendi, salari, altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, effettuati prima del 19 maggio 2020: dal 1^ gennaio 2021, si riattiverà l'obbligo del terzo pignorato (banca, datore di lavoro etc;) di trattenere le somme pignorate, rendendole indisponibili al debitore, e di versarle direttamente in favore dell'Agente della riscossione.
Con la ripresa delle attività di riscossione, appare utile ricordare quali sono gli strumenti di cui può valersi il cittadino/contribuente (e i termini essenziali entro i quali è possibile attivarli, a pena di decadenza) per difendersi dalle cartelle e dagli atti della riscossione, qualora rechino richieste di pagamento per importi errati o comunque non dovuti.
1. I rimedi esperibili avverso gli atti della riscossione
I rimedi esperibili per fa valere errori o altri motivi di inesistenza delle cartelle di pagamento, degli avvisi di addebito e di accertamento, nonché dei pignoramenti e degli altri atti della riscossione in genere, sono principalmente costituiti dal ricorso al Giudice competente per materia (Giudice di Pace, Commissioni Tributarie, Tribunale Ordinario) e dal ricorso o istanza di riesame in via amministrativa, da presentare all'Ente Creditore o all'Agente della Riscossione che ha notificato l'atto.
Il Giudice competente e il soggetto cui presentare l'istanza in via amministrativa sono generalmente indicati in calce all'atto notificato ma, per i casi dubbi (si pensi, tra gli altri, alle cartelle di pagamento relative a crediti di Enti diversi), è comunque preferibile e consigliabile consultare un professionista esperto in materia.
La differenza principale tra il ricorso al Giudice e l'istanza di riesame in via amministrativa è che quest'ultima, salvo alcuni casi tassativamente previsti dalla legge (è il caso del ricorso al Prefetto avverso le multe per violazioni al codice della strada, dell'accertamento con adesione o, ancora, del reclamo-mediazione per i tributi di competenza dell'Agenzia delle Entrate), non sospende il termine per proporre il ricorso al Giudice e non obbliga l'Ente creditore a rispondere al cittadino.
In caso di mancata risposta il cittadino/contribuente potrebbe quindi vedersi costretto a presentare anche ricorso al Giudice per non decadere dalla possibilità di denunciare gli eventuali errori dell'atto, la quale deve essere esercitata entro i brevi termini di cui subito si dirà.
2. Quali sono i termini per proporre ricorso al Giudice?
Qualora si riceva una cartella di pagamento, un avviso di addebito INPS o un avviso di accertamento di tributi e sanzioni, occorre innanzitutto tenere a mente che eventuali errori o motivi di inesistenza del debito (si pensi, ad esempio, a un verbale di contestazione di violazioni del codice della strada che manchi totalmente dell'indicazione della targa del veicolo o dell'infrazione commessa o, ancora, ad avvisi di liquidazione della tariffa sui rifiuti, per metrature superiori a quelle delle proprio immobile), potranno essere denunciati dal cittadino/contribuente solo entro un periodo di tempo limitato, che decorre dalla data di notifica dell'atto e che, in genere, coincide con il termine per presentare ricorso al Giudice. Decorso inutilmente tale periodo, l'atto notificato diverrà definitivo e, salvo casi eccezionali, non sarà più possibile far valere gli errori relativi alla sussistenza della violazione o del tributo in un momento successivo. Gli atti notificati successivamente per riscuotere gli importi dovuti in base a un avviso di accertamento o addebito o a una cartella divenuti definitivi, possono infatti essere contestati e annullati solo per i c.d. "vizi propri" (vizi di forma dell'atto notificato o di procedura), salvo riuscire a dimostrare che la cartella o l'avviso precedente, non erano stati ricevuti per errori di notifica imputabili all'Ente Creditore o all'Agente della Riscossione.
I termini stabiliti dalla legge per presentare ricorso al Giudice sono piuttosto brevi e variano a seconda della materia e del tipo di atto impugnato. Questi sono:
- di 20 o 40 giorni per il ricorso al Tribunale Ordinario avverso gli avvisi di addebito INPS;
- di 30 o 60 giorni per il ricorso al Giudice di Pace o al Tribunale, in caso di verbali o cartelle di pagamento relative a multe per violazioni del codice della strada;
- di 60 giorni per gli avvisi di accertamento, le cartelle di pagamento e gli altri atti cautelari e della riscossione, relativi a tributi di competenza delle Commissioni Tributarie.
E' dunque facile comprendere come sia di fondamentale importanza che il cittadino/contribuente si attivi subito dopo la notifica dell'atto per individuare eventuali errori e valutare i rimedi più idonei da attivare nel caso concreto.
3. Da quando decorrono i termini per presentare ricorso? Cosa si intende per data di notifica dell'atto?
I termini per la presentazione del ricorso al Giudice decorrono dalla data di notifica dell'atto e, cioè, della sua "ricezione" da parte del cittadino/contribuente. Ma cosa si intende per "ricezione"? Al riguardo occorre operare una distinzione:
- per gli atti notificati a mezzo del servizio postale, la data di notifica coincide con quella in cui il portalettere consegna materialmente l'atto al destinatario o, qualora il destinatario sia assente, dalla data in cui il cittadino/contribuente ritira l'atto dall'Ufficio postale. Con riferimento a quest'ultimo caso, vi sono ancora molte persone che, dopo aver trovato nella cassetta delle lettere il noto avviso di giacenza di una raccomandata loro diretta, non la ritirano nell'erronea convinzione che la giacenza equivalga a mancata notifica. Nulla di più sbagliato!! La legge infatti, al fine di evitare che le attività di riscossione siano bloccate dall'inerzia di chi volutamente cerca di rendersi irreperibile ai creditori, stabilisce che la notifica si abbia comunque per eseguita dopo che siano decorsi 10 giorni dal deposito dell'atto presso l'Ufficio postale o la casa comunale. Non ritirare l'atto, pertanto, danneggia esclusivamente il debitore che, non ritirandolo, non si accorgerà degli eventuali errori che potrebbero determinarne l'annullamento e che possono essere fatti valere solo entro i termini di proposizione del ricorso.
- Per gli atti notificati a mezzo PEC: la data di notifica coincide con quella di consegna del messaggio nella casella di posta elettronica certificata del destinatario, indipendentemente dalla data in cui quest'ultimo abbia visualizzato il messaggio. Per chi abbia attivato una casella PEC, è dunque opportuno eseguire controlli periodici della stessa, magari attivando servizi di allarm a mezzo sms, in caso di ricezione di messaggi da altre caselle PEC.
4. Cosa fare se sono già scaduti i termini del ricorso?
Come sopra precisato, qualora l'atto non venga impugnato per tempo mediante ricorso, non sarà possibile far valere i vizi dell'atto stesso in un momento successivo davanti al Giudice. Tuttavia anche in tal caso non tutto è perduto.
In primo luogo, è opportuno verificare che l'atto in questione fosse stato regolarmente notificato e che, quindi, possa dirsi correttamente "ricevuto" dal cittadino/contribuente: in caso contrario, si potrà infatti concludere che il termine per proporre ricorso non è mai iniziato a decorrere, e sarà quindi possibile denunciare i vizi dell'atto stesso davanti al Giudice anche in un momento successivo.
Qualora l'atto risulti regolarmente notificato, sarà poi sempre possibile presentare istanza di autotutela in via amministrativa. Non è infatti raro che gli Enti creditori annullino comunque anche gli atti divenuti definitivi, qualora presentino vizi o errori evidenti.
Laddove anche questa strada non risulti percorribile o non produca risultati, e le somme risultino dovute, sarà possibile optare per un piano di rateizzazione del debito o, qualora il cittadino/contribuente non abbia disponibilità e ne ricorrano i presupposti, valutare l'opportunità di utilizzare una delle procedure di esdebitazione previste dalla L. 155/2017 (già L. n. 3/2012).
Avv. Anna Pavone
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(Articolo aggiornato al 5 gennaio 2021)