Nullità della notifica di una cartella di pagamento per “irreperibilità assoluta” in mancanza di idonee ricerche del destinatario.
E' sempre obbligatoria la ricerca dei dati anagrafici del destinatario di una cartelle di pagamento da parte del messo noticatore, pena la nullità dell'intero iter notificatorio.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma (sent. n. 10827/2021 del 7.10.2021, in un giudizio patrocinato dallo scrivente avvocato tributarista Giuseppe Marino – scarica qui il testo) ha accolto il ricorso di un contribuente avverso varie cartelle di pagamento per nullità della notificazione.
I) La questione preliminare.
In particolare, in primo luogo i Giudici romani hanno disatteso l'eccezione processuale preliminare (peraltro pretestuosa) dell'Agente della Riscossione, che riteneva tardivo il deposito del ricorso in quanto, sommando i valori delle cartelle impugnate, si sarebbe superata la cifra di € 50.000,00 prevista per la proposizione del reclamo-ricorso dall'art. 17 bis, d.Lgs. n. 546/1992, con la conseguenza che si sarebbe dovuto proporre un ordinario ricorso, da depositarsi in CTP entro 30 gg. dalla notifica alla controparte, senza l'attesa del termine di 90 gg. previsto per la procedura di reclamo-ricorso.
L'eccezione erronea e pretestuosa dell'ADER è stata quindi sconfessata dalla CTP di Roma.
Ed invero, l'art. 17 bis, d.Lgs. n. 546/1992 ("Il reclamo e la mediazione"), al comma 1, dispone che "Per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa. Il valore di cui al periodo precedente è determinato secondo le disposizioni di cui all'articolo 12, comma 2".
Orbene, il comma 2 dell'art. 12, d.Lgs. n. 546/1992, dispone chiaramente che "Per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste".
Dunque, per determinare se una controversia tributaria rientri o meno nell'ipotesi della disciplina del reclamo-ricorso, occorre verificare se il valore della lite, dato dall'"importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni" sia o meno superiore ad € 50.000,00.
Nel caso di ricorso cumulativo (quindi, contro più atti, come nel caso di specie), il suddetto valore si calcola in relazione a ciascun atto impugnato individualmente considerato (conteggiando le imposte richieste al netto di interessi e sanzioni), e non di certo sommando tutte le imposte in contestazione.
Ciò è confermato anche dalla stessa Agenzia delle Entrate con due circolari:
A) con la Circolare n. 30/E del 22.11.2017 si è affermato al punto 1) quanto segue: Il comma 1 dell'articolo 10, nel prevedere che "All'articolo 17-bis, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, le parole: «ventimila euro» sono sostituite dalle seguenti: «cinquantamila euro»", ha esteso l'ambito di applicazione del reclamo/mediazione alle controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, nell'evidente intento di ampliarne la funzione deflattiva del contenzioso fino ad un importo ritenuto congruo per una previa gestione in sede amministrativa.
Ai fini della precisa delimitazione della nuova soglia di applicazione della procedura risulta essenziale la corretta determinazione del valore della controversia, sulla base dei consueti criteri normativi e di prassi, già ampiamente descritti con la circolare n. 9/E del 19 marzo 2012.
In proposito rilevano, dunque, le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992, espressamente richiamato dall'articolo 17-bis, comma 1, dello stesso decreto, laddove "Per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste".
In considerazione del carattere impugnatorio del processo tributario, il valore della lite va determinato sulla base non dell'importo accertato, ma di quello contestato, con riferimento al singolo atto impugnato.
Pertanto, il valore della controversia si individua con riferimento A CIASCUN ATTO IMPUGNATO ed è dato dall'importo del tributo contestato dal contribuente con il ricorso, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate. In caso di atto di irrogazione delle sanzioni ovvero di impugnazione delle sole sanzioni, il valore della controversia è invece costituito dalla somma delle sanzioni contestate".
B) con la Circolare n. 9/E del 12.3.2012, al punto 1.3.) si è poi data una fondamentale interpretazione nel caso di ricorso cumulativo: ed invero: "in presenza di IMPUGNAZIONE CUMULATIVA avverso una pluralità di atti, la necessità di uno specifico e concreto nesso tra l'atto impositivo oggetto dell'istanza di mediazione e le contestazioni formulate dal contribuente, richiesto dall'articolo 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, impone di individuare il valore della lite con riferimento a ciascun atto impugnato con il ricorso cumulativo. Ne consegue che, in relazione agli atti aventi un valore non superiore a ventimila (valore aumentato dal 2017 a cinquantamila, n.d.r.) euro, il contribuente è tenuto ad osservare in ogni caso la procedura prevista dall'articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992".
La CTP ha quindi respinto l'eccezione preliminare dell'Agenzia delle Entrate – Riscossione, ritenendo validamente proposto il reclamo-ricorso "cumulativo" avverso più cartelle di pagamento la cui singola sorte capitale era certamente inferiore alla soglia di € 50.000,00.
II) La vicenda di merito
I Giudici hanno poi accolto il ricorso anche nel merito, statuendo l'illegittimità della notifica di tutte le cartelle di pagamento impugnate.
Ed invero, il contribuente non ha mai ricevuto la rituale notifica di tali cartelle, pur avendo sempre comunicato ai servizi anagrafici del Comune di Roma i propri spostamenti di residenza, tanto che essi risultavano chiarissimi già da una semplice lettura del certificato di residenza storico-anagrafico allegato al ricorso: pertanto, il messo notificatore, esaminando il certificato suddetto, avrebbe potuto chiaramente conoscere l'esatto indirizzo di residenza anagrafica del contribuente e ivi recarsi per notificare le cartelle.
Resta invece un mistero il motivo per cui il messo notificatore si sia recato in un luogo assolutamente non riferibile al contribuente.
Da ciò è derivata la nullità della notificazione delle tre impugnate cartelle di pagamento, nonché l'erroneità del richiamo nella costituzione dell'ADER delle norme di cui all'art. 60, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 600/1973, in quanto queste si riferiscono ai casi di "irreperibilità assoluta", laddove nel caso in esame era ben noto e facilmente conoscibile l'indirizzo di residenza anagrafica del contribuente.
Sul punto, la CTP ha affermato quanto segue: "Ciò chiarito, non possono reputarsi perfezionate le notifiche effettuate per irreperibilità assoluta (art. 60, comma 1, lett. e) dpr 600/1973) in Roma, via …, posto che, come ammesso dalla stessa parte resistente, il domicilio fiscale del ricorrente era stabilito in …; né risulta in atti la prova dell'effettuazione di idonee ricerche in ordine al suo effettivo e reale domicilio.
Si rammentano a tale proposito i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità alla cui stregua in tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell'alt. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l'atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l'esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l'effettivo compimento (Cass. n. 19958 del 27/07/2018).
La notificazione effettuata ai sensi di tale norma può pertanto ritenersi eseguita solo nell'ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il messo notificatore deve svolgere nell'ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non rinvenga l'effettiva abitazione o l'ufficio o l'azienda del contribuente. Solo in questi casi la notificazione è ritualmente effettuata mediante deposito dell'atto nella casa comunale e affissione dell'avviso di deposito nell'albo del Comune senza necessità di comunicazione all'interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche ai di fuori del detto Comune (Cass. n. 3378 del 12/02/2020). Il ricorso va pertanto accolto.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo"
Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista, patrocinante in Cassazione