Prescrizione e decadenza: concetti, differenze e applicazioni concrete.
L'articolo illustra le figure della prescrizione e della decadenza, mettendone in evidenza le differenze concettuali e le applicazioni nelle varie fattispecie concrete.
Prescrizione e decadenza: concetti, differenze e applicazioni concrete.
Molto spesso i termini "prescrizione" e "decadenza" vengono adoperati come sinonimi, quando, invece, si riferiscono a concetti distinti. Vediamo, quindi, di chiarire il significato di questi concetti, che fanno riferimento a due istituti giuridici molto importanti.
Ai sensi dell'art. 2934 c.c. "ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge"; dalla definizione normativa, pertanto, si ricava che la prescrizione è la causa di estinzione del diritto derivante dalla inattività del titolare per il tempo determinato dalla legge.
Il fondamento della prescrizione risiede nell'esigenza di garantire stabilità alle situazioni di fatto consolidatesi a seguito dell'inerzia del titolare del diritto protrattasi per un lungo periodo di tempo.
Quindi, affinché vi sia prescrizione, è necessario 1) che esista un diritto che poteva essere esercitato; 2) che il diritto non sia stato esercitato per il tempo indicato dalla legge.
A questa regola si sottraggono i diritti indisponibili (es. i diritti della personalità, i diritti familiari) e gli altri diritti indicati dalla legge che, pertanto, non sono soggetti a prescrizione.
A mente del successivo art. 2935 c.c., "la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere", ma nel caso in cui il diritto sia sottoposto a condizione sospensiva o a termine iniziale il decorso non si avvia prima che si avveri la condizione o scada il termine.
Il fenomeno della decadenza riguarda, invece, il compimento di un'attività che il soggetto deve svolgere entro un dato termine, decorso inutilmente il quale si verifica l'impedimento all'esercizio del relativo potere.
Se, quindi, l'atto è compiuto entro il termine previsto, la decadenza è evitata.
I termini di prescrizione.
Chiarita nei termini precedenti la differenza concettuale tra decadenza e prescrizione, passiamo ad esaminare i diversi termini di quest'ultima, soprattutto alla luce delle conseguenze pratiche che possono determinare.
Diciamo subito che la prescrizione ordinaria ha durata decennale: come prescrive l'art. 2946 c.c., infatti, "salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni".
Quella posta dall'art. 2946 c.c., pertanto, è la regola generale: se un diritto non viene esercitato per dieci anni si estingue.
Ma, come abbiamo detto, vi sono delle eccezioni; la legge stabilisce termini di prescrizione più brevi o più lunghi rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che i relativi diritti si estingueranno per mancato esercizio nei termini corrispondenti.
Ai sensi dell'art. 2947, comma 1, c.c. "il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato"; quindi, chi subisce il danneggiamento di un bene avrà a disposizione cinque anni di tempo, decorrenti dal giorno del danneggiamento, per chiederne il risarcimento.
Il secondo comma dello stesso articolo, però, prevede che "per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni"; è il classico caso dell'incidente automobilistico che cagiona danni a cose o persone. In questo caso si dovrà agire entro due anni dal giorno del sinistro.
Ancora, l'art. 2948 c.c. stabilisce che si prescrivono in cinque anni:
- le annualità delle rendite perpetue o vitalizie;
- il capitale nominale dei titoli di stato emessi al portatore;
- le annualità delle pensioni alimentari;
- le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni;
- gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi;
- le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro.
Come si vede, l'art. 2948 c.c. elenca una serie di ipotesi, per le quali si applica il termine di prescrizione quinquennale, molto frequenti nella vita quotidiana; basti pensare al canone di locazione di un immobile, agli interessi su una somma data in prestito o, più semplicemente, ad una fattura per un'utenza domestica come l'energia elettrica o il gas e, infine, allo stipendio e/o T.F.R. dovuti in caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Ipotesi più marginali sono quelle del diritto del mediatore al pagamento della provvigione e dei diritti nascenti dal contratto di spedizione, per le quali si applica il termine di prescrizione di un anno.
Anche il diritto al pagamento delle rate di premio, nel contratto di assicurazione, si prescrive in un anno, decorrente dalle singole scadenze.
Si prescrive, invece, in sei mesi il diritto degli albergatori e degli osti per l'alloggio e il vitto che somministrano e quello di tutti coloro che danno alloggio con o senza pensione.
Molto importanti, sempre con riferimento alla ricorrenza che hanno nella vita quotidiana, sono le ipotesi contemplate negli artt. 2955 e 2956 c.c.
L'art. 2955 c.c. prevede, infatti, che si prescrive in un anno il diritto:
- degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni che impartiscono a mesi, a giorni o a ore;
- dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese;
- di coloro che tengono convitto o casa di educazione e d'istruzione, per il prezzo della pensione e dell'istruzione;
- degli ufficiali giudiziari, per il compenso degli atti compiuti nella loro qualità;
- dei commercianti, per il prezzo delle merci vendute a chi non ne fa commercio;
- dei farmacisti, per il prezzo dei medicinali.
Il successivo art. 2956 c.c. stabilisce in tre anni la prescrizione del diritto:
- dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese;
- dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative;
- dei notai, per gli atti del loro ministero;
- degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese.
Computo dei termini di prescrizione.
Ai sensi dell'art. 2963 c.c., i termini di prescrizione si calcolano secondo il calendario comune.
Non si calcola il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine e la prescrizione si verifica con lo spirare dell'ultimo istante del giorno finale.
Se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo.
La prescrizione a mesi si verifica nel mese di scadenza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese iniziale. Se nel mese di scadenza manca tale giorno, il termine si compie con l'ultimo giorno dello stesso mese.
Avv. Paolo Messineo