Violazione degli ordini di vendita delle azioni: come agire contro la banca?
Come difendersi dalle condotte poste, da parte delle banche ed altri intermediari finanziari, a violazione del principio di parità di trattamento nell'erogazione dei propri servizi
La notizia, pubblicata alcuni giorni fa, è ormai di dominio pubblico: la Banca Popolare di Bari, nel periodo compreso tra settembre e dicembre del 2015, avrebbe dato priorità ad alcuni ordini di vendita delle proprie azioni societarie, pervenuti in un momento temporalmente successivo rispetto ad altri, con una palese disparità nel trattamento riservato ai risparmiatori, le cui richieste di dismissione delle quote societarie possedute sono rimaste, per loro sfortuna, del tutto inascoltate.
La vicenda, che ha coinvolto l'istituto bancario pugliese, ha riaperto il dibattito sulle condotte illegittime, poste in essere da parte degli intermediari finanziari in ordine al non corretto trattamento degli ordini di vendita delle azioni, possedute da parte dei risparmiatori, e che spesso sono state oggetto di pronunce da parte dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie.
Proprio l'ACF, con la decisione n. 3 del 5 giugno 2017, ha condannato un importante istituto di credito al risarcimento in favore di un risparmiatore, danneggiato dalla condotta posta in essere da parte della banca, in un caso del tutto analogo a quello che ha coinvolto la Banca Popolare di Bari.
Nel caso di specie, il risparmiatore lamentava la non corretta esecuzione di un ordine di vendita di strumenti finanziari, richiesto nell'aprile del 2014 ed avente per oggetto oltre 500 azioni da questi possedute, con conseguente violazione del criterio della cronologia nella evasione degli ordini ricevuti, avendo l'istituto bancario dato priorità ad istanze pervenute in un momento successivo, rispetto alla richiesta formulata da parte del cliente danneggiato.
La pronuncia dell'ACF e il risarcimento in favore del risparmiatore
La decisione assunta da parte dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie è molto interessante, e merita un breve approfondimento. A parere del Collegio, infatti, non vi è dubbio che le carenze organizzative dell'intermediario, denunciate da parte del risparmiatore, siano state tali da configurare un inadempimento degli obblighi contrattuali che la banca aveva nei confronti del cliente nella prestazione del servizio, attesa la chiarissima previsione dettata dall'art. 21, primo comma lett. d), TUF, ai sensi del quale "l'intermediario è obbligato a dotarsi di procedure idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi e delle attività".
Nel caso di specie, la banca non ha dimostrato di avere adottato un assetto organizzativo tale da garantire una esecuzione diligente e corretta del servizio, reso in favore del proprio cliente, né ha dato prova di avere effettivamente osservato il corretto ordine cronologico degli ordini di vendita ricevuti, attuando così un illegittimo trattamento discriminatorio.
Per tale ragione, l'ACF ha accolto il ricorso del risparmiatore, condannando la banca al pagamento di una somma, a titolo di risarcimento del danno, pari a € 24.323,00.
La vicenda appena analizzata rappresenta, senza dubbio alcuno, un importante elemento a favore dei risparmiatori, e potrebbe costituire la premessa per l'avvio di ulteriori azioni risarcitorie, nei confronti di quegli istituti di credito che si sono resi protagonisti di violazioni degli obblighi di diligenza e ed efficienza, nella concreta esecuzione delle attività loro richieste da parte dei clienti.
Restiamo, come sempre, a disposizione per ogni ulteriore approfondimento in materia.