Contratto a termine degli insegnanti pubblici
L'Autore nel presente saggio affronta il tema dell'incompatibilità con il diritto comunitario della reiterata assunzione con contratti a tempo determinato degli insegnanti pubblici.
1. Nullità delle clausole relative al termine nei contratti con la P.A.
La situazione di precarietà della scuola italiana, problema sociale di particolare attualità, incomincia a catalizzare l'attenzione dei giuristi (e dei giudici, per il contenzioso che si sta sviluppando), in quanto la disciplina dell'assunzione degli insegnanti pubblici con contratti a tempo determinato stimola interessanti riflessioni giuridiche che coinvolgono il diritto interno, oltre che il diritto comunitario. Bisogna rammentare, in linea generale, che il rapporto di lavoro a tempo determinato è ammissibile anche nell'ambito del pubblico impiego solo a fronte di esigenze di carattere temporaneo sancite dal D.Lgs. n. 368/2001, che deve applicarsi anche ai rapporti instaurati con le Pubbliche Amministrazioni. In particolare, per quanto attiene la scuola pubblica, il fatto che il Ministero ogni anno programmi il numero di immissioni in ruolo da effettuare, provvedendo al restante fabbisogno di insegnati a mezzo di contratti a tempo determinato, stipulati mediante l'utilizzo di graduatorie provinciali permanenti, conduce ad escludere, a fronte di un tale modello organizzativo, che i contratti a termine conclusi rispondano ad esigenze di carattere temporaneo. Talvolta i contratti conclusi con gli insegnati sono anche privi dei requisiti di forma minimi stabiliti dal D.Lgs. n. 368/2001 [1]. Accade sovente che il termine apposto al contratto di lavoro non venga indicato per iscritto o manchi qualsiasi indicazione in ordine alle ragioni tecniche, organizzative, produttive, sostitutive a fondamento dello stesso [2].
È del tutto condivisibile l'orientamento giurisprudenziale [3] in ordine alla nullità delle clausole appositive dei termini nei contratti tra l'amministrazione pubblica e gli insegnanti, per le ragioni che seguono. È del tutto pacifico, nonostante nulla sia disposto a riguardo, che il D.Lgs. n. 368/2001 si applichi anche ai rapporti di pubblico impiego [4], salvo non vi sia una disciplina speciale diversa. Così, per esempio, non pare discutibile che oggi, nel vigore della disposizione di cui all'art. 36, D.Lgs. n. 165/2001, come modificato dal D.L. n. 112/2008, sia consentito alle pubbliche amministrazioni di stipulare rapporti di lavoro a tempo determinato "per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali", e non certo in presenza di mere esigenze temporanee anche connesse con la normale vita dell'impresa, come invece previsto dall'art. 1, D.Lgs. n. 368/2001 nel testo oggi vigente. Ed ancora, per fare un altro esempio, nella vigenza dell'art. 3, comma 79, della L. n. 244/2007 (legge finanziaria 2007) che prevedeva la possibilità per le pubbliche amministrazioni di assumere a termine solo per esigenze stagionali e per periodi non superiori a tre mesi, è evidente come l'assunzione a tempo determinato nel pubblico impiego potesse avvenire solo nel rispetto di quelle condizioni, e non secondo le disposizioni di cui all'art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001. Per quanto attiene la forma della clausola, invece, nessuna disposizione specifica risulta sia stata introdotta per regolare tali rapporti di lavoro, con la conseguenza che la disciplina prevista dal D.Lgs. n. 368/2001 - in particolare la necessaria specificazione delle ragioni per le quali il rapporto a tempo determinato viene concluso – è del tutto applicabile.
2. Mancata abrogazione della disciplina sulla scuola e contrasto con la disciplina comunitaria
La disciplina che regolamenta l'assunzione a tempo determinato per il settore della scuola non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368/2001 e risulta tuttora vigente, in quanto trattasi di disposizioni di carattere speciale destinate a regolamentare uno specifico comparto con peculiari esigenze e dinamiche. Va ricordato che l'art. 4, L. n. 124/1999 e le norme regolamentari di cui al D.P.R. n. 430/2000 ("norme sulle modalità di conferimento delle supplenze al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario") dispongono il ricorso alle supplenze annuali (e, dunque, al contratto a termine) per la copertura di posti vacanti in organico "in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali", o prevedono il ricorso alle supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura di posti non vacanti, resisi disponibili entro il termine del 31 dicembre, oltre che il ricorso alle supplenze temporanee "per qualsiasi causa", dopo il 31 dicembre di ciascun anno, ai sensi dell'art. 6, D.M. n. 430/2000 [5]. Il dato tuttavia non esclude che anche ai contratti a tempo determinato conclusi con il personale della scuola si applicheranno i requisiti di forma previsti dal D.Lgs. n. 368/2001, visto che sulla forma del contratto la normativa speciale non si pronuncia, ma quanto alle causali ed, in particolare alle ipotesi nelle quali è possibile concludere un rapporto a tempo determinato, la normativa speciale troverà senza dubbio applicazione, anche in deroga alle previsioni di cui al D.Lgs. n. 368/2001. L'effetto di tale ragionamento giuridico è che dovrà ritenersi possibile - o meglio - conforme alla legge speciale oggi vigente la reiterata assunzione a tempo determinato in conformità alle disposizioni richiamate, ossia in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali o, in generale, per la copertura dei posti vacanti. In sostanza, cioè, dovrà ritenersi, quantomeno con riferimento alle causali giustificative della conclusione dei contratti, conforme alla normativa il contegno del Ministero che, per le predette ragioni, conclude ogni anno migliaia e migliaia di contratti a tempo determinato e programma quale sia il numero di soggetti da immettere in ruolo, senza che alla base di tale modo di procedere vi sia alcuna esigenza di carattere temporaneo. È di tutta evidenza, però, che se il sistematico impiego di contratti a termine può ritenersi conforme, quanto alle causali, alla disciplina speciale tuttora vigente, nonostante il D.Lgs. n. 368/2001, tale modo di procedere non può ritenersi conforme ai principi ed alle norme dell'ordinamento comunitario [6]. Il reiterato ricorso da parte del MIUR al contratto a termine viola, palesemente, la direttiva 1999/70 CEE che, in attuazione all'accordo quadro 18 marzo 1999 (clausola 5), impone agli Stati membri di introdurre misure idonee a "prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato" quali, in particolare, "ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti", ovvero "la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi"; o "il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti" [7].Se è vero che il ricorso al contratto a tempo determinato è consentito dalla normativa interna speciale, è anche vero che ciò può avvenire purché non vi sia un abuso nel ricorso all'istituto; in altri termini, che non sia una violazione dei principi sanciti dalla direttiva, con particolare riferimento alle ragioni di carattere temporaneo. A tal proposito, la Corte di Giustizia ha, anche recentemente, precisato che: l'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70 osta "all'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, che sia giustificata dalla sola circostanza di essere prevista da una disposizione legislativa o regolamentare generale di uno Stato membro" [8].
È del tutto evidente, per il caso specifico che ci occupa, che la conclusione dei contratti a tempo determinato con gli insegnanti avvenga al di fuori ed a prescindere da qualsiasi ragione di carattere temporaneo ed, anzi, sulla base di precipue scelte legislative di programmazione delle assunzioni, scelte palesemente incompatibili con il ricorrente di ragioni contingenti che dovrebbero stare alla base dell'assunzione a termine. Le disposizioni normative e regolamentari riferite al settore della scuola sopra citate non consentono, dunque, in forza delle disposizioni della richiamata direttiva, alla P.A. di stipulare indiscriminatamente rapporti di lavoro a tempo determinato, visto che la mera impossibilità di procedere ad assunzioni ordinarie in conseguenza delle strutturali carenze di organico, da un lato, non costituisce ragione obiettiva sufficiente a giustificare tale sistematico ricorso al sistema delle supplenze, dall'altro, costituisce, come già si è detto, la prova in re ipsa della carenza del requisito della "temporaneità" dei contratti.
L'articolo rappresenta un estratto di quanto pubblicato sulla Rivista Lavoro e Previdenza Oggi, n. 6/2011 - Roma.
Tutti i diritti sono riservati.