assegno di divorzio
La recente sentenza della Cassazione che ha abbandonato il principio del tenore di vita precedente nella determinazione dell’assegno divorzile è punitiva per le donne? Come si suol dire ogni
La recente sentenza della Cassazione che ha abbandonato il principio del tenore di vita precedente nella determinazione dell'assegno divorzile è punitiva per le donne?
Come si suol dire ogni caso è un caso: il principio affermato dalla Suprema Corte è stato temperato in questi anni dalle numerose decisioni dei Tribunali.
Il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non assicura alla moglie una rendita vitalizia , soprattutto se la stesa è giovane ed ha capacità lavorative, tuttavia l'applicazione del nuovo principio deve essere prudente: non è detto che la moglie con un reddito proprio non abbia in alcun caso diritto all'assegno divorzile, d'altronde occorre considerare le difficoltà cui va incontro la donna con la separazione e con il collocamento dei figli prevalente presso la propria abitazione, ossia quando, di fatto, la stessa dovrà occuparsi del proprio lavoro e quasi integralmente delle esigenze dei figli che non sono solo di natura economica.
Ha ben chiarito la situazione la Corte d'Appello di Genova, che con la sentenza n. 106 del 12.10.17 ha precisato che il nuovo orientamento della Cassazione sarebbe punitivo per colei che si è impegnata per continuare a lavorare e contemporaneamente gestire casa e figli, mentre andrebbe a premiare le donne che sposando un coniuge benestante, hanno abbandonato ogni attività lavorativa.
La sent. della Cass. premierebbe dunque proprio quella "rendita parassitaria" contro la quale invece la medesima Corte voleva opporsi.
Le valutazioni del caso sono molteplici, ad es. le proprietà immobiliari che attualmente costituiscono un costo, così come la valutazione dei cespiti capitali che non rendono piu' come una volta.
Anche la Corte d'Appello di Napoli (10.01.19) ha evidenziato importanti parametri per la determinazione dell'assegno: secondo tale Corte occorre valutare le aspettative sacrificate; la funzione perequativa – compensativa dell'assegno, in considerazione del contributo dato all'altro coniuge e alla famiglia; le condotte dei coniugi che hanno portato alla dissoluzione del matrimonio.
Concludendo, la giurisprudenza, nonostante il recente orientamento della Cassazione, ha evidenziato l'esigenza di tutelare la donna che si è dedicata alla famiglia, che anche godendo di un reddito proprio ha diritto ad un riconoscimento economico e non deve essere penalizzata in sede di divorzio perché in condizioni economiche e sociali inferiori rispetto a quelle di cui ha goduto in costanza di matrimonio.