Convivenza e azione di spoglio
Il contributo mira ad analizzare la posizione del convivente in relazione alla casa, di proprietà del partner, in cui vive con quest'ultimo. La giurisprudenza ammette la tutela possessoria.
Prendiamo le mosse da una fattispecie.
Tizia convive stabilmente con Caio e con questi divide l'appartamento nel quale si svolge la loro vita comune. L'appartamento, tuttavia, è concesso in comodato gratuito soltanto a Caio, da parte della sorella di questi, Sempronia.
Non appena Caio, a causa di un infortunio, è costretto a trascorrere un considerevole lasso di tempo in ospedale, Sempronia - proprietaria dell'immobile - esercita uno spoglio nei confronti di Tizia. In sostanza, provvede alla sostituzione della serratura della porta di ingresso dell'unità immobiliare, che Tizia continua ad occupare, impedendole, di conseguenza, di entrare in casa.
Sempronia agisce in tal senso, convinta che l'appartamento si trovi occupato da Tizia sine titulo. Tizia si vede così privata, a sua insaputa, della possibilità di fare ingresso nell'abitazione che occupava da tanti anni.
L'azione di reintegrazione quale tutela contro lo spoglio
Si ha quindi, in termini tecnici, uno spoglio clandestino, per il quale l'ordinamento giuridico appresta, quale rimedio, l'esercizio dell'azione di cui all'art. 1168 c.c., volta a consentire al possessore di essere reintegrato nella situazione fattuale precedente. L'azione di reintegrazione è uno strumento volto a ottenere la reintegra nel possesso da parte di colui che ne è stato privato in modo violento o clandestino. L'azione è riservata al possessore e al detentore qualificato.
La detenzione è non qualificata quando il soggetto tiene la cosa per ragioni di lavoro (si pensi al meccanico che trattiene la vettura per farvi un intervento) o di ospitalità (ad esempio, quando un amico viene ospitato a casa di un altro): in tali casi il titolare del bene mantiene sulla cosa un controllo diretto.
La detenzione è invece qualificata nel caso in cui il detentore eserciti un controllo sul bene in ragione di un titolo che gli conferisce di gestirlo nell'interesse proprio (si pensi ad un contratto di comodato di un alloggio). Deve, ai nostri fini, essere valutata la posizione assunta dalla convivente more uxorio in relazione al bene (l'immobile) dato in comodato alla persona con cui convive.
Se viene considerata detentore qualificato può esercitare il rimedio previsto dall'art. 1168 c.c. Il godimento, da parte del convivente more uxorio, dell'immobile prestato al partner.
Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai superato, la convivenza non sarebbe idonea a porre il convivente non proprietario in un rapporto di potere sulla cosa configurabile come possesso autonomo sul bene o come compossesso, tutelabile con l'azione di spoglio, dovendo il convivente considerarsi più che altro un ospite o un mero detentore per ragioni di servizio.
In questa prospettiva, il convivente non sarebbe legittimato, pertanto, ad esperire l'azione di spoglio. Si segnala però un nuovo orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Con la decisione del 14 giugno 2012, n. 9786, il Supremo Collegio ha affermato che al convivente che goda con il partner possessore iure proprietatis del medesimo bene va riconosciuta, rispetto al predetto bene, una posizione "riconducibile alla detenzione autonoma".
Il precedente orientamento, maggiormente restrittivo, viene superato con la considerazione della rilevanza giuridica e della dignità del rapporto di convivenza di fatto, che dà luogo a un autentico consorzio familiare, impedendo di ritenere la relazione di fatto che il convivente instaura con l'immobile in cui si sviluppa la vita familiare come una relazione parificabile a quella "dell'ospite o del tollerato".
Se, quindi, il convivente deve considerarsi un detentore qualificato, al medesimo spetta l'esercizio dell'azione di spoglio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1168 c.c., nel caso in cui questi abbia subito clandestinamente la sottrazione del godimento dell'immobile.
I giudici di legittimità hanno comunque escluso che in capo al convivente more uxorio possa configurarsi una posizione giuridica qualificabile come possesso relativamente al bene di cui il partner risulta comodatario. Il comodato infatti non rappresenta un titolo idoneo a trasformare la posizione di detentore in quella di possessore.
La convivenza occasionale, precaria, o intermittente, in quanto estranea al modello familiare socialmente tipico (anche in base alla l. 20 maggio 2016, n. 76), non dà titolo alla detenzione autonoma e, dunque, non legittima all'esperimento dell'actio spolii.
Deve quindi così concludersi:
il convivente more uxorio, quale detentore qualificato rispetto al bene di cui gode insieme al partner, può agire ex art. 1168 c.c. in caso d spoglio violento o clandestino.
Peraltro, secondo una più recente sentenza della Suprema Corte, la qualità di convivente more uxorio del comodatario di un appartamento destinato ad abitazione legittima ad esperire l'azione di spoglio (nella specie, contro un terzo), in quanto la convivenza more uxorio determina sulla casa ove si svolge e si attua il programma di vita in comune un potere di fatto basato su un interesse proprio del convivente, ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, avente titolo in un negozio giuridico di tipo familiare (Cassazione 2 gennaio 2014 n. 7).
Conclusioni
Alla luce di quanto esposto, il considerevole lasso di tempo in cui Tizia e Caio hanno convissuto more uxorio nell'unità immobiliare concessa in comodato gratuito al solo Caio consente di individuare nella predetta abitazione la sede della loro vita familiare.
Ciò implica che Tizia può ritenersi rispetto all'immobile una detentrice qualificata alla quale, pertanto, spetta l'azione di spoglio da esercitare nel confronti di Sempronia che, con la sostituzione della serratura della porta di ingresso, ha cagionato lo spoglio clandestino del bene.
Tizia è dunque legittimata a ricorrere all'azione posta a difesa del possesso e della detenzione qualificata, di cui all'art. 1168 c.c.