Differenza fra vitalizi e pensioni parlamentari

I vitalizi per i parlamentari sono stati aboliti nel 2011.

9 OTT 2018 · Tempo di lettura: min.
Differenza fra vitalizi e pensioni parlamentari

Sono centinaia i ricorsi di parlamentari ed ex parlamentari che rifiutano il taglio dei vitalizi.

Le polemiche e le proposte riguardanti vitalizi e pensioni dei parlamentari tornano ciclicamente. Tuttavia, spesso non è chiara la differenza fra i queste due forme di prestazione erogate a deputati e senatori. Ecco le principali differenze.

Pensioni parlamentari

La pensione è un diritto di tutti i cittadini, non solo dei parlamentari. Si può usufruire di questa prestazione quando si è raggiunto un numero minimo di anni di pagamento di contributi (così come stabilito dalla legge Dini nel 1996) ed è stata raggiunta una determinata età che, attualmente, corrisponde a 66 anni e 7 mesi e 20 anni di contributi. Dopo l'abolizione dei vitalizi del 2011, da parte del governo Monti, i parlamentari ricevono la pensione, anch'essi attraverso il sistema contributivo, all'età di 65 anni per chi ha terminato un mandato, e all'età di 60 anni per chi ne ha terminato più di uno. In generale, dunque, come tutti gli altri cittadini, i parlamentari versano una parte della propria retribuzione, per accumulare la pensione. In media, dunque, la pensione come parlamentare corrisponde a circa 1000 euro.

Vitalizi parlamentari

Come abbiamo detto precedentemente, i vitalizi per i parlamentari sono stati aboliti nel 2011, dunque, a partire da gennaio del 2012 i deputati e i senatori non ricevono più questa prestazione che, invece, si è trasformata in pensione. Tuttavia, chi aveva maturato il diritto al vitalizio prima di questa data, continua a percepire questa retribuzione. La differenza quantitativa, rispetto alle pensioni, in questo caso è importante.

Cosa succede a quei parlamentari che hanno acquisito il diritto al vitalizio prima del 2012, e quindi continuano a ricevere questa somma, e che sono ancora in carica? In questo caso, il calcolo della prestazione si calcola pro-rata. Ciò vuol dire che il totale viene calcolato aggiungendo alla somma del vitalizio i contributi della pensione che sono stati versati dopo il 2012.

Sono diversi i partiti, come il Movimento 5 stelle, che criticano che diversi parlamentari ricevano ancora il vitalizio, ossia quelli che ne avevano già diritto prima della riforma del 2011. Per questo a luglio scorso, il presidente della Camera Roberto Fico, ha dato il via al taglio dei vitalizi, di circa il 40 - 60%, per gli ex deputati che ne hanno diritto. Secondo Fico, questa misura permetterà di risparmiare circa 40 milioni di euro ogni anno, che ha affermato: "Finalmente è arrivato. Oggi è il giorno che gli italiani aspettavano da sessant'anni: quel momento fatidico che abbiamo regalato ai nostri cittadini in cento giorni di governo".

I tagli saranno attivi dal 2019 e riguarderanno 1338 assegni che non verranno aboliti completamente ma ridotti, seguendo un ricalcolo eseguito in base al metodo contributivo. Tuttavia, diversi deputati e senatori si sono opposti a rinunciare a questa prestazione, appellando al principio di irretroattività. Una nuova legge, infatti, potrebbe non essere legittima a livello costituzionale se dovesse eliminare un diritto già acquisito nel passato. Per questo, attualmente, sono stati eseguiti un totale di quasi 700 ricorsi.

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