Ammissibilità dell'appello nel processo del lavoro e requisiti del ricorso per cassazione
La Corte di Cassazione con sentenza 2991/23 ha precisato quali sono i requisiti che deve contenere il ricorso in appello nel processo del lavoro al fine di evitare la sua inammissibilità e del conseguente ricorsoerassazione
La Suprema Corte di Cassazione., sez. lav., 1° febbraio 2023, n. 2991 si occupa della questione dell'inammissibilità dell'appello, a norma degli artt. 342 e 434 c.p.c. integrando un errore in procedendo, che deve essere denunciato con riguardo all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
Solo ove la censura sia sufficientemente specifica, nel rispetto degli artt. 366, n. 6, e 369, n. 4, c.p.c., la Corte è legittimata all'esercizio del potere di esaminare direttamente gli atti del giudizio di merito. Si tratta di un onere di specificazione che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti per la parte d'interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l'attività del Giudice di legittimità e di garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un Organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza.
In primo grado un Direttore dei lavori, un Responsabile della sicurezza e una Società a responsabilità limitata venivano condannati in solido a risarcire ad un lavoratore, per la parte eccedente l'indennità già corrisposta dall'Inail, il «danno conseguente all'infortunio sul lavoro occorso» al lavoratore stesso mentre stava eseguendo delle opere all'interno di un capannone di proprietà della Srl. Tutte le parti impugnavano ed in secondo grado la Corte d'Appello di Milano, dopo avere dichiarato inammissibile l'appello principale proposto dall'architetto, concludeva per la esclusiva responsabilità dello stesso, condannandolo al pagamento di oltre novantamila euro «per danno differenziale, da invalidità temporanea, danno da riduzione della capacità lavorativa specifica e danno patrimoniale, oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria dalla sentenza al saldo».
Il soccombente proponeva quindi ricorso in Cassazione, deducendo otto motivi, con il primo dei quali, per quanto qui interessa, «denunciava la falsa applicazione di norme per avere la Corte erroneamente ritenuto inammissibile l'appello principale» da lui proposto, e sostenendo che la sentenza d'appello «sarebbe affetta da nullità atteso che non avrebbe considerato che le censure formulate con l'appello erano specifiche; che nulla di più poteva dire il ricorrente che aveva denunciato proprio un difetto di adempimenti e di pronuncia sulle eccezioni formulate. Pertanto, la Corte di merito era (stata) chiamata proprio a pronunciare su tali eccezioni tenuto conto anche del fatto che lo stesso Giudice di appello aveva dato atto che il Tribunale nulla aveva detto sulle questioni dedotte».
La Cassazione ha ritenuto o inammissibili o infondati tutti i motivi formulati, ed ha quindi respinto il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese. Per quanto poi concerne specificamente il primo motivo, questo è stato dichiarato inammissibile, in quanto «la censura non prospetta affatto, come invece sarebbe stato corretto, un errore in procedendo della Corte territoriale - censura che avrebbe eventualmente autorizzato il Collegio ad un esame diretto degli atti ma piuttosto sembra reiterare, per sintesi, il contenuto delle censure di cui non riporta il contenuto. Neppure, poi, è riportato, per le parti che rilevano, il contenuto della sentenza di primo grado sicché non è possibile comprendere se e in che termini le censure articolate fossero effettivamente idonee a censurare la decisione». Al riguardo la Cassazione ha quindi enunciato il principio di diritto contenuto nella massima qui sopra riportata, richiamando espressamente una recente pronuncia della CEDU, e aggiungendo che il ricorrente deve «specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata e deve indicare con puntualità i fatti processuali alla base dell'errore denunciato. Tale specificazione deve essere contenuta, a pena d'inammissibilità, nello stesso ricorso per Cassazione. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità conseguente al ritenuto difetto di specificità dell'appello, ha l'onere di precisare, nel ricorso non solo le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifico, invece, il gravame sottoposto al Giudice d'appello, ma deve riportare il contenuto dell'atto e della sentenza che intendeva impugnare nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità». Incidentalmente la S.C. ha infine rilevato che, comunque, nella fattispecie la Corte d'Appello aveva utilizzato correttamente «i parametri generali» da tempo elaborati dalla giurisprudenza di legittimità «per accertare la ammissibilità dei motivi di gravame». I
L'inammissibilità del ricorso in Cassazione e la CEDU, ha appunto affermato che l'applicazione del c.d. "principio di autosufficienza" del ricorso in Cassazione «ha lo scopo legittimo di semplificare l'attività della Corte di Cassazione e di garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia», fermo restando che sarebbe peraltro in contrasto con l'art. 6 CEDU una sua eventuale «interpretazione eccessivamente formalistica» che, con l'obbiettivo di ridurre il carico di lavoro della Cassazione, di fatto limitasse il diritto di accesso alla Giustizia in un modo o in una misura tali da compromettere l'essenza stessa di quel diritto. In senso conforme si vedano poi le, successive, Cass. civ., sez. lav., 4 febbraio 2022, n. 3612, e Cass. civ., S.U, 18 marzo 2022, n. 8950, secondo la quale «Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. - quale corollario del requisito di specificità dei motivi non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso», onere da ritenersi comunque «insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all'interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito».
L'appellante ha l'onere «di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata, nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata», cfr. poi, pure richiamate in motivazione, Cass. civ., sez. lav., 5 febbraio 2015, n. 2143, in Lav. giur., 2015, pag. 518, e Cass. civ., S.U., 16 novembre 2017, n. 27199, ivi, 2018, pag. 90, ed anche in Giur. it., 2018, pagg. 1413 ss., con nota di Marchese, e in Riv. dir. proc., 2018, pagg. 861 ss., con nota di Bianchi. Su questi temi si vedano inoltre Cass. civ., sez. lav., 27 dicembre 2021, n. 41572, in Lav. giur., 2022, pag. 313; Cass. civ., sez. lav., 15 gennaio 2013, n. 822, ivi, 2013, pag. 305; App. Cagliari, Sez. lav., 3 settembre 2022, ivi, 2023, pag. 99 (secondo la quale viene violato il principio di specificità, qualora «la riproduzione integrale della sentenza sia effettuata con modalità tali da richiederne una analisi integrale della stessa, onde effettuare la selezione di quanto effettivamente rilevante e sottoposto a critica, in ordine ai motivi di impugnazione, previa selezione anche di questi ultimi dal corpo dell'appello e l'effettuazione dei necessari collegamenti testuali e logici, omessi e non estraibili dall'appello stesso»);