Hai subito una trasfusione di sangue infetto?
Potresti avere diritto ad un indennizzo e/o al risarcimento dei danni subiti.
Hai subito una trasfusione di sangue infetto?
Potresti avere diritto ad un indennizzo e/o al risarcimento dei danni subiti. Ecco come fare…
Breve excursus storico sulla legislazione in materia
A partire dagli anni '60, moltissime persone, in Italia, hanno contratto una grave infezione (come, ad esempio, l'epatite C, B, l'HIV) a seguito di trasfusioni effettuate in strutture sanitarie.
Si era constatato come gli individui contagiati si fossero sottoposti periodicamente a trasfusioni di sangue o di emocomponenti, in quanto soggetti emofiliaci o talassemici, oppure avevano ricevuto trasfusioni in occasione di delicati interventi chirurgici.
Con l'avvento della Legge istitutiva del Ministero della Sanità (L. n. 296/1958) si sentiva forte l'esigenza di vigilare ed attivarsi per evitare, o quantomeno ridurre, i rischi di infezioni virali insiti nella pratica delle trasfusioni di sangue e dei suoi emoderivati.
Ma è solo con la Legge n. 592 del 1967 che viene disciplinata la raccolta, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e che viene inquadrata tale problematica dal punto di vista medico, amministrativo e giuridico. In particolare, l'art. 1 della suddetta legge statuisce che: "Il Ministero della Sanità emana le direttive tecniche per la organizzazione, il funzionamento ed il coordinamento dei servizi inerenti alla raccolta, preparazione, conservazione e distribuzione del sangue umano per uso trasfusionale nonché alla preparazione dei suoi derivati e ne esercita la vigilanza".
A tale impianto originario della legislazione trasfusionale seguirono numerose e, purtroppo, mal coordinate, disposizioni legislative, quali quelle contenute nel D.M. Sanità del 17/02/1972, istitutivo del Centro Nazionale per la Trasfusione di Sangue, e nel D.M. Sanità del 15 settembre 1972, con il quale si prevedeva il rilascio, da parte del Ministero, di un'autorizzazione per la produzione di emoderivati ad officine farmaceutiche ed ospedali.
Con Legge n. 519 del 1973, invece, vennero affidati una serie di compiti ispettivi all'Istituto Superiore di Sanità e, grazie alla Legge n. 833 del 1978, venne ribadito la funzione preminente del Dicastero della Sanità nella programmazione del Piano Sanitario Nazionale.
Nel 1987, con la Legge n. 531, veniva attribuita al Ministero della Sanità il controllo e la vigilanza sui farmaci, compresi gli emoderivati, a mezzo dell'ISS e delle Unità Sanitarie Locali.
Solo negli anni novanta si assisteva a interventi particolarmente incisivi in materia. In particolare, grazie alla Legge n. 107 del 4 maggio 1990, veniva istituito il c.d. "Piano sangue" - tra l'altro adottato solo nel 1994 (DPR 7 aprile 1994) - con cui veniva eliminata la figura del donatore professionale o mercenario e si stabiliva il principio per cui ogni donazione di sangue dovesse essere spontanea e a titolo gratuito, introducendo, altresì, dei protocolli sulla idoneità dei donatori.
Al Dicastero della Sanità vennero attribuite ulteriori funzioni di prevenzione delle malattie infettive trasmissibili per emotrasfusione e un maggiore potere di controllo sulle case produttrici di emoderivati. Ancora, veniva prevista un'autorizzazione ministeriale per l'importazione di sangue ed emoderivati, e la presentazione annuale al Parlamento di una relazione da parte del Dicastero sullo stato di attuazione delle legge.
Purtroppo, tali disposizioni normative non sono state subito risolutive e la scarsa o inesistente vigilanza sui cd. donatori mercenari (figura soppressa solo nel 1990) o sul sangue importato, hanno determinato, in centinaia di migliaia di italiani, lo sviluppo di una patologia a causa di una emotrasfusione.
L'indennizzo ex lege n. 210/1992
Nel 1992 viene emanata l'importantissima Legge n. 210 e vengono concepiti per la prima volta "indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati", quasi a voler riparare l'endemico ritardo ministeriale di attuazione del c.d "Piano Sangue" che, come detto, rimase inattuato fino al 1994.
Tale indennizzo ha carattere assistenziale e non risarcitorio e, pertanto, l'importo viene stabilito dalla legge a mezzo di apposite tabelle ministeriali, diversamente da quanto accade per il risarcimento da danno biologico permanente per la trasfusione del sangue infetto, la cui entità di risarcimento può variare a seconda del caso specifico.
L'indennizzo previsto da tale legge spetta a:
- persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione fisica o psichica permanente;
- persone affette da HIV o da epatiti con danni irreversibili a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati sia periodica che occasionale;
- al personale sanitario di ogni ordine e grado che in occasione e durante il servizio abbiano riportato un danno permanente all'integrità psico-fisica conseguente ad un'infezione contratta dal contatto con il sangue o suoi derivati provenienti da soggetti affetti da HIV o da patologie epatiche;
- persone che risultino contagiate da HIV o da epatiti virali dal proprio coniuge appartenente ad una delle categorie di persone sopra indicate che abbiano diritto all'indennizzo ai sensi della l. 210/92, nonché i figli dei medesimi contagiati durante la gestazione, gli eredi, gli emodializzati e gli eredi;
A chi ha avuto lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione fisica o psichica seguito di:
- vaccinazioni obbligatorie, vaccinazioni non obbligatorie ma effettuate per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio o per poter accedere ad uno stato estero;
- vaccinazioni anche non obbligatorie effettuate da soggetti a rischio operanti in strutture sanitarie;
- vaccinazione antipoliomelitica.
L'indennizzo ha natura di diritto soggettivo, garantito da norme di rango costituzionale che tutelano il diritto alla salute e all'integrità fisica, ed è tutelabile innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. Sul punto, la Corte di Cassazione ha statuito che è "esclusa ogni ipotesi di configurabilità di posizioni diverse dal diritto soggettivo, nonché la conseguente necessità della devoluzione delle relative controversie al giudice amministrativo" (Cass. Civ., sez, un., n. 9 del 26 gennaio 2000).
Per quanto concerne il procedimento e l'istruttoria della pratica ai fini dell'ottenimento dell'indennizzo, la competenza è della A.S..L. o A.S.P. territorialmente competente, ovvero ove ha la residenza il danneggiato.
Tale procedimento amministrativo coinvolge le citate strutture sanitarie territoriali che si occuperanno di istruire la pratica garantendo il diritto alla privacy dei danneggiati (art. 3, comma 1 bis, l. 210/92).
Acquisita la domanda l'ASL invia copia conforme del fascicolo contenente la documentazione medica alla C.M.O. (Commissione Medico Ospedaliera) per acquisire il parere medico-legale che ne redige verbale da notificare al danneggiato.
In caso di istruttoria amministrativa favorevole, viene erogato bimestralmente l'assegno di indennizzo vitalizio (che ammonta a circa euro 1.500,00), compatibile con ogni altro reddito o emolumento in favore del beneficiario ed è rivalutato annualmente in base al tasso di inflazione programmato; in caso di decesso del beneficiario, che abbia già ottenuto il diritto a retei di assegno vitalizio maturati alla domanda, viene erogato agli eredi con assegno una tantum pari ad € 77.468,53.
La legge 210/92 ha previsto anche i termini prescrizionali entro i quali presentare la domanda amministrativa che, a seconda dei casi, decorrono dal momento in cui il danneggiato è venuto a conoscenza della patologia; oppure, per chi risulta danneggiato prima dell'entrata in vigore della L. n. 210/92, il dies a quo decorrerà dal 21 marzo 1992.
In particolare, i termini sono:
- tre anni in caso di vaccinazioni o di epatite post-trasfusionale;
- dieci anni in caso HIV;
- in caso di danni da vaccinazione non obbligatoria antipoliomelitica: quattro anni, dal 20 ottobre 1999, nel periodo di vigenza della l. 695/1959; tre anni dal 3 luglio 1996, data di entrata in vigore del d.l. 344/1996, convertito in legge n. 238/97.
L'azione di risarcimento dei danni e cumulo con l'indennizzo
Come già accennato, l'indennizzo previsto dalla legge 210/92, ha carattere assistenziale e non risarcitorio e, pertanto, le due voci (indennizzo e risarcimento danni) corrono su due binari del tutto distinti.
Da una parte, l'indennizzo con cui lo Stato si fa carico di erogare una peculiare "pensione" (Cfr. Trib, Bari, Sez. III, 23/10/13) per i danneggiati in vita o un assegno una tantum per gli eredi in caso di decesso e, dall'altro, il risarcimento integrale di tutti i danni subiti.
L'erogazione dell'indennizzo prescinde dalla responsabilità e, quindi, dalla colpa del danneggiante e nessuna indagine in ordine all'elemento soggettivo dell'azione o dell'omissione viene effettuato. L'azione risarcitoria si inquadra, invece, tipicamente nel paradigma della responsabilità civile e da ciò ne deriva che per l'accertamento della responsabilità dovrà sussistere la prova della colpa (cd. culpa in vigilando) e la sussistenza del nesso di causalità tra la trasfusione del sangue infetto e il danno ingeneratosi.
In buona sostanza, l'azione risarcitoria può essere esperita, sia iure proprio che iure hereditatis, indipendentemente dalla richiesta di indennizzo ex lege n. 210/92.
Il nodo della "compensatio lucri cum danno": orientamenti giurisprudenziali contrastanti
Come sopra evidenziato, il diritto al risarcimento del danno da emotrasfusione è cumulabile con l'indennizzo ex lege n. 210/92.
Ci si è posti però il problema, sia in dottrina che in giurisprudenza, della possibile "scomputabilità" delle somme ricevute a titolo di indennizzo da quelle riconosciute a titolo di risarcimento del danno patito.
Un orientamento giurisprudenziale ritiene che, in caso doppia erogazione, la vittima si avvantaggerebbe di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo (da ultimo v. Corte d'Appello di Catania, Sez. I civile, Sent. n. 591/2019).
Secondo un opposto orientamento, invece, tale scomputo non può essere operato sull'importo liquidato al danneggiato a titolo di danno morale da reato, poiché tale posta ha titolo diverso da quello riconosciuto dall'indennizzo di cui alla legge 210 del 1992 (Trib. Di Roma, 1 dicembre 2003).
A sommesso avviso dello scrivente i due emolumenti, com'è noto, hanno natura diversa: l'indennizzo riveste natura assistenziale, mentre l'altro ha natura risarcitoria poiché tende ad inglobare, nel suo insieme, tutti quei beni della vita quotidiana compromessi da una invalidità permanente conseguente alla patologia riscontrata a seguito dell'evento dannoso patito.
Si osserva ancora, a supporto di tale ultimo assunto, come la lettera della norma ex art. 2, comma 1, L. 210/92, non lascia spazio a interpretazioni contrarie, stabilendo che "l'indennizzo è cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito".
Pertanto, non rimare che affermare che in claris non fit interpretatio!
Tale ultimo orientamento è stato abbracciato da numerosi Tribunali (su tutti si veda Trib. Di Parma, Sent. n. 102/2013 che ha negato lo scomputo di tale indennizzo dall'importo liquidato a titolo di risarcimento danni, attesa la diversa natura dell'indennizzo). Altra giurisprudenza di merito, pur riconoscendo, in via di principio, l'applicabilità dello scorporo, non lo ha concesso poiché parte resistente non ha prodotto adeguata documentazione per poter procedere al calcolo da compiersi attraverso l'applicazione delle tabelle con i coefficienti di capitalizzazione delle rendite (Trib. Catania, Sez. III Civ., Sent, n. 1324/2018, Trib. Roma, Sez. II, Sent, n. 10448/2014).
Anche la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha condiviso tale assunto (v. Cass. Civ. Sez. VI, n. 14932/2013).
La prescrizione dell'azione di risarcimento danni
Lungi dal voler approfondire il dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia, preme osservare come il termine entro il quale incardinare l'azione di risarcimento danni contro il Ministero della Salute è di cinque anni, ex art. 2947 cod. civ.
Tale termine prescrizionale, trattandosi di danni c.d. "lungolatenti", inizia a decorrere "non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, ma dal momento in cui la malattia viene percepita quale danno ingiusto, conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, o può essere percepita usando l'ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche" (Cass. Civ. sez. un., 11 gennaio 2008, n. 583).
Orbene, di solito tale momento viene fatto coincidere con la data in cui il danneggiato ha presentato l'istanza volta all'ottenimento dell'indennizzo.
Il termine, invece, è di dieci anni nel caso di azione risarcitoria proposta contro la struttura medico-ospedaliera, trattandosi di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. che si fonda sul contratto di ricovero ospedaliero.
E' utile precisare che la domanda tendente ad ottenere l'indennizzo, ai sensi della L. n. 210/92, non è idonea, ex art. 2943 cod. civ., ad interrompere i termini della prescrizione ai fini della domanda risarcitoria, avendo la stessa natura amministrativa e non integrando domanda giudiziale di risarcimento danni.
Alcune statuizioni della giurisprudenza di merito e della Suprema Corte di Cassazione con riguardo all'indennizzo e al risarcimento dei danni da trasfusione da sangue infetto
L'indennizzo riconosciuto ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati, ai sensi della l. 210/92, ha natura non già risarcitoria bensì assistenziale in senso lato, riconducibile agli artt. 2 e 32 della Costituzione. Tale indennizzo, altresì, è riconducibile alle prestazioni poste a carico dello Stato in ragione del dovere di solidarietà sociale, tanto ciò è vero che esso è alternativo rispetto alla pretesa risarcitoria finalizzata ad ottenere l'integrale risarcimento dei danni patiti a seguito del contagio, laddove sussiste una colpa delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale (Trib. di Roma, sez. II, 3 settembre 2010);
Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno da trasfusione di emoderivati l'individuazione dell'exordium praescriptionis nella data di presentazione di istanza volta a conseguire l'indennizzo previsto dalla l. 210/1992 - essendo riconducibile a norma sostanziale ed integrando comunque una normale potenzialità dell'evoluzione giurisprudenziale - non comporta overrulling a favore del danneggiato e non consente quindi la rimessione in termini (Cassazione Civile, Sezione VI, Ordinanza n. 18217 del 26 agosto 2014);
La responsabilità del Ministero della Salute per i danni conseguenti ad infezioni da HIV e da epatite, contratte da soggetti emotrasfusi per l'omessa vigilanza esercitata dall'Amministrazione sulla sostanza ematica negli interventi trasfusionali e sugli emoderivati, è inquadrabile nella violazione della clausola generale di cui all'art. 2043 c.c. (Tribunale di Bologna sez. III, 16/04/2013);
Il Ministero della Salute deve ritenersi responsabile per l'emissione tardiva e inadeguata dei provvedimenti necessari a controllare la sicurezza degli emoderivati, dai quali sia derivata un'infezione da visus AIDS durante un'operazione chirurgica (evento del 1984) (Trib. di Roma, 26 settembre 2003, Massima Redazionale, 2005);
In tema di patologie conseguenti ad infezioni con i virus HIV (AIDS) e HCV (epatite C) contratti a causa di assunzioni di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, per l'unicità dell'evento lesivo consistente nella lesione dell'integrità fisica, vi è la presunzione di responsabilità del Ministero della Salute per il contagio verificatosi negli anni tra il 1979 e il 1989, stante l'avvenuta scoperta scientifica della prevedibilità delle relative infezioni, individuabile nel 1978, con il conseguente obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico, presunzione che può essere vinta solo se viene fornita dallo stesso Ministero la prova dell'adozione di condotte e misure necessarie per evitare la contagiosità, a prescindere dalla conoscenza di strumenti di prevenzione specifica (Cass. Civ. Sez. III, n. 5954, 14 marzo 2014);
E' viziata la motivazione con cui il giudice di merito abbia negato il risarcimento del danno patrimoniale richiesto, sia iure hereditatis sia iure proprio, dai prossimi congiunti di una casalinga che a seguito di emotrasfusioni e dall'assunzione di emoderivati, era stata contagiata da infezioni da HIV, poi degenerata in AIDS con esiti letali, omettendo ogni valutazione circa le prove concernenti l'attività domestica svolta dalla de cuius e le conseguenze della patologia su tale attività. (Cass. Civ. sez. un. VI, n. 584, 11 gennaio 2008).
La responsabilità del Ministero della Salute decorre per tutte le infezioni (HBV, HCV, HIV)
dalla scoperta del virus dell'epatite B (anno 1978), trattandosi in tutti i casi di un unico evento lesivo (lesione dell'integrità fisica dell'individuo), a nulla rilevando che i singoli virus responsabili delle infezioni HIV e HCV siano stati scoperti, rispettivamente, nel 1985 e nel 1989 (Trib. di Roma, Sent. n. 10448/2014).
Alcuni consigli pratici
Per poter stabilire correttamente se la patologia contratta (epatiti, HIV, etc,.) ha un nesso di causalità con le trasfusioni avute, occorrerà essere in possesso della o delle cartelle cliniche reperibili presso la struttura dove sono avvenute (anche molti anni addietro) le trasfusioni; le certificazioni mediche inerenti la patologia riscontrata a seguito della trasfusione, l'eventuale verbale della C.M.O. e ogni altro documento e/o certificato medico utile a vagliare la positività alla patologia correlata alla trasfusione di sangue infetto.
Avv. Alessandro Fioretto