Assegno divorzile. Cassazione: considerare il contributo alla famiglia
Per l'assegno di divorzio la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite ha deciso che bisogna considerare il contributo alla famiglia d'origine
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono state chiamate, il 10 aprile 2018, a rivedere o confermare la sentenza n.11504 del 2017, sempre della Suprema Corte di Cassazione ma di una Sezione.
Questa sentenza (c.d. sentenza Grilli, dal nome dell'ex Ministro Vittorio Grilli nella vicenda processuale contro la propria moglie Lisa Lowenstein) ha stabilito che l'assegno di mantenimento in caso di divorzio fosse basato sui parametri dell'autosufficienza e dell'indipendenza del coniuge, cioè il verificare se il coniuge richiedente l'assegno di mantenimento (normalmente la donna) non fosse autosufficiente, magari perché era riuscita a risparmiare e a costituirsi un proprio patrimonio, o non fosse indipendente, magari perché era riuscita a trovare un proprio lavoro.
A seguito di questa sentenza, si ripete la n. 11504 del 2017, molti sono stati i ricorsi introdotti nei vari Tribunali di tutta Italia di chi pagava un mantentimento, a loro dire, esoso o non dovuto.
Molti in effetti sono stati i Tribunali che, avendo fatta propria la sentenza della Cassazione, hanno ridotto ed in alcuni casi hanno escluso il mantenimento proprio in base al criterio dell'autosufficienza e dell'indipendenza del coniuge.
Ora, per dirimere questo stato confusionale nel quale si sono immersi Tribunali, Corti d'Appello e la stessa Cassazione, sono intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione ed hanno stabilito, con una Sentenza di 38 pagine, la n. 18287/2018 depositata l'11.7.2018, che il criterio per definire se il coniuge abbia diritto o meno ad un assegno divorzile deve essere "composito".
Secondo le Sezioni Unite, con la sentenza depositata oggi, 11 Luglio 2018, il "criterio integrato" individuato si fonda "sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo".
Pertanto, l'assegno di divorzio deve avere una funzione insieme "assistenziale, compensativa e perequativa", perciò per stabilirlo "si deve adottare un criterio composito" che tenga conto "delle rispettive condizioni economico-patrimoniali" e "dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge" al "patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età". Infatti la sentenza sottolinea che "il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale". "Lo scioglimento del vincolo - scrivono i giudici della Cassazione (Giudice Estensore dr.ssa Maria Acierno)- incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare". Pertanto, "l'adeguatezza dei mezzi deve essere valutata non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare".
In sintesi, il diritto e la quantificazione dell'assegno di divorzio deve avvenire in base ad una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente l'assegno divorzile alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente.
La decisione era attesa da tutta la categoria degli avvocati familiaristi sin dallo scorso 10 aprile, quando le Sezioni Unite erano state chiamate a rivedere o confermare il verdetto legato alla vicenda dell'ex ministro Vittorio Grilli alla ex moglie.