È una prova valida la registrazione di una conversazione con il capo?
In generale, secondo l'orientamento recente, queste registrazioni possono essere utilizzate a patto che vengano eseguite da uno dei partecipanti alla conversazione.
Qual è l'orientamento della Corte di Cassazione nel tema delle registrazioni nell'ambito del posto di lavoro?
I mezzi che ci offre la tecnologia ci permettono di fare una serie di cose che prima sarebbero state impensabili. Smartphone, computer e internet sono ormai strumenti che utilizziamo ogni giorno della nostra vita. Alcuni di questi hanno costretto la giurisprudenza a esprimersi sull'uso di alcune prove, come avviene nel caso delle chat. Cosa succede nel caso delle registrazioni, ad esempio se vengono utilizzate per registrare quello che ci ha detto il nostro datore di lavoro? Possono essere utilizzate come prove per dimostrare, ad esempio, un caso di mobbing sul posto di lavoro?
Sono state diverse le sentenze della Corte di Cassazione che si sono espresse su questo tema. In generale, secondo l'orientamento recente, queste registrazioni possono essere utilizzate a patto che vengano eseguite da uno dei partecipanti alla conversazione.
In caso contrario, se la registrazione viene effettuata da una terza persona, può rientrare nel campo delle intercettazioni, elemento che può essere eseguito solamente attraverso l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
La Corte di cassazione, nella sentenza n. 27424 del 29 dicembre 2014, ad esempio, chiarisce direttamente questo concetto affermando che "la registrazione fonografica di un colloquio tra persone presenti rientra nel genus delle riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c., quindi di prove ammissibili nel processo civile, così come lo sono in quello penale, atteso che […] la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, a opera di un soggetto che ne sia partecipe, è prova documentale utilizzabile quantunque effettuata dietro suggerimento o su incarico della polizia giudiziaria, trattandosi, in ogni caso, di registrazione operata da persona protagonista della conversazione, estranea agli apparati investigativi e legittimata a rendere testimonianza nel processo".
Ovviamente, per poter essere legittime, le registrazioni devono avere il fine di tutelare un diritto e di essere utilizzate solamente per potersi difendere. Secondo l'articolo 167 del decreto legislativo 195/2003, infatti, chi procede al trattamento di dati personali in violazione della legge, con il fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, può essere condannato con la reclusione. Tuttavia, come ricorda l'articolo 24 del Codice della Privacy, il consenso del trattamento dei dati non è richiesto "per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale".
Tuttavia, è fondamentale ricordare che, nonostante la maggior parte delle sentenze siano a favore dell'utilizzo di questo tipo di registrazioni come prova, non tutte le decisioni in merito sono andate nella stessa direzione. La sentenza n. 16629/2016 della Corte di Cassazione, infatti, i giudici avevano deciso che la registrazione eseguita durante una conversazione da uno dei presenti era una grave violazione del diritto alla privacy e che, di conseguenza, la registrazione stessa era un motivo giusto per licenziare il lavoratore che l'aveva effettuata.