Vittoria parziale? Spese divise fra avvocato e cliente
Gli ermellini hanno rigettato il ricorso dell'avvocato.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione rigetta il ricorso di un avvocato al quale era stato ridotto l’onorario, in seguito a una vittoria parziale, dai tribunali di primo e di secondo grado.
Quando si richiedono i servizi di un avvocato non si sa se si riuscirà a ottenere o meno una vittoria all’interno, ad esempio, di un processo.
Una sconfitta o una vittoria parziale potrebbe giustificare una riduzione dell’onorario del professionista? Il giudice ha il potere di stabilire questa riduzione? Su questo tema si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26887/2018.
La vicenda
Il tribunale di Lecco aveva condannato un’impresa a corrispondere a un avvocato, a titolo di corrispettivo per attività professionali, soltanto la somma di 1.852,83 euro, a fronte di una richiesta di 11.119,69 euro. Il professionista aveva impugnato la pronuncia del Tribunale presso la Corte di Appello di Milano che aveva deciso di rigettare il suo appello. In più, il Tribunale aveva dichiarato inammissibili le domande rivolte dall’avvocato nei confronti dell’avvocatessa che gli era succeduta e a cui, invece, erano state liquidate le spese nei valori massimi dello scaglione tariffario. Per questi motivi, l’avvocato aveva deciso di presentare ricorso presso la Corte di Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione
I giudici della Corte di Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso nei confronti dell’avvocatessa e hanno rigettato il ricorso nei confronti della società. Riguardo alla riduzione dell’onorario dell’avvocato, infatti, gli ermellini hanno affermato che “il motivo va giudicato infondato, avendo questa Corte già chiarito che la riduzione anche sensibile della somma richiesta con la domanda, pur non integrando gli estremi della soccombenza reciproca, ugualmente può giustificare la compensazione totale o parziale delle spese e che, parimenti, giustifica la compensazione delle spese la circostanza che parte attrice sia rimasta vittoriosa in misura più o meno significativamente inferiore rispetto all'entità del bene che voleva conseguire”.
In più, l’avvocato aveva presentato ricorso anche per violazione dell’articolo 92 del codice di procedura civile e del D.M. n.140 del 2012, perché la Corte d’Appello aveva liquidato le spese del giudizio di secondo grado all’avvocatessa i valori massimi dello scaglione tariffario. Anche in questo caso, i giudici della Corte di Cassazione hanno rigettato anche questo motivo perché, basandosi su una precedente sentenza, “in tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità”.
Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, dunque, il giudice ha il potere discrezionale di poter dividere le spese processuali fra l’avvocato e il cliente. Se si è ottenuto una vittoria parziale, infatti, è possibile ridurre l’onorario.
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