IL MANTENIMENTO DA VERSARE ALL’EX CONIUGE SE QUEST’ULTIMO RESTA NELLA CASA CONIUGALE

Revisione mantenimento/Casa coniugale/Figli/Ex Coniuge/Situazione economica mutata/Valutazione Cassazione

19 MAR 2020 · Tempo di lettura: min.
IL MANTENIMENTO DA VERSARE ALL’EX CONIUGE SE QUEST’ULTIMO RESTA NELLA CASA CONIUGALE

La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 4138 del 19 dicembre 2019, ha espresso un importante principio secondo cui non si riduce automaticamente il mantenimento da versare all'ex coniuge se quest'ultimo resta nella casa coniugale anche dopo che la figlia della coppia si è sposata, purchè nella quantificazione dell'assegno si è tenuto conto del godimento della casa coniugale, in termini economici, da parte del titolare dell'assegno stesso.

L'attribuzione della casa coniugale costituisce, al pari di un assegno di mantenimento, un contributo economico per il coniuge assegnatario dell'immobile medesimo e, comunque, rappresenta un criterio di valutazione per la determinazione effettiva dell'assegno stesso.

Per meglio chiarire: nella Sentenza in commento, la parte ricorrente, ovvero il marito, ha proposto ricorso in Cassazione, contro la Sentenza di Appello, emessa nel giudizio promosso dalla moglie, ove la stessa richiedeva un aumento, rispetto al giudizio di primo grado, del contributo al proprio mantenimento.

Nel giudizio di appello, secondo il ricorrente, era stato erroneamente disposto dalla Corte un aumento della somma dovuta a titolo di contributo al mantenimento per l'ex moglie, senza considerare, tuttavia, il valore economico della casa coniugale rimasta nella piena ed esclusiva disponibilità di quest'ultima per diversi anni, anche dopo il venire meno convivenza con la figlia (presupposto fondamentale per l'attribuzione dell'immobile in godimento).

Nello specifico, a dire del marito, il Giudice di secondo grado, nel quantificare (aumentandolo) l'assegno di mantenimento da corrispondere all'ex coniuge, non ha tenuto conto della circostanza della continua occupazione della casa da parte della moglie e del valore economico effettivo derivante da detta occupazione (pur trattandosi di immobile in comproprietà tra i coniugi al 50%). Quest'ultima circostanza ha determinato, sempre a dire del marito, una palese perdita economica per lo stesso, in quanto la mancata disponibilità dell'immobile non gli ha permesso di conseguire un reddito dall'utilizzo del bene adibito a casa famigliare (non potendo concederlo in locazione e/o venderlo). Per contro la moglie ha, invece, tratto un vantaggio di natura economica dal godimento pieno ed esclusivo della casa famigliare per diversi anni, vantaggio da considerare nella determinazione dell'assegno di mantenimento medesimo.

La Corte di Cassazione, nell'Ordinanza in commento, stabilisce che le pretese del marito non possono essere accolte e chiarisce che la Corte d'Appello ha tenuto correttamente in debita considerazione la questione del rilievo economico dell'assegnazione e del godimento della casa coniugale alla moglie, anche dopo il trasferimento della figlia, seppur precisando che al fine della determinazione del valore dell'assegno di mantenimento al coniuge, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l'accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente, in fase di separazione o divorzio, un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali delle parti.

Scritto da

Studio legale Avv. Giulio Mario Guffanti

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