La violenza sessuale attraverso l'inganno
La violenza sessuale con inganno sull'identità o qualità del partner. profili risarcitori e casistica giurisprudenziale.
Nelle vicende umane si chiede, abbastanza spesso, se possa richiedersi il risarcimento del danno quando si sia prestato il consenso ad un rapporto sessuale a seguito di una condotta ingannevole del partner. Affinchè possa promuoversi un'azione risarcitoria, ai sensi dell'art. 2043 c.c., occorre che l'altrui condotta possa essere ritenuta illecita, in relazione al dettato normativo, così come definito e disciplinato dall'art. 609 bis II C n. 2 del codice penale.
In realtà, qualora si sia concretamente realizzata la fattispecie in oggetto, la persona offesa può agire in sede penale, ivi esercitando l'azione civile in caso di rinvio a giudizio dell'imputato oppure può agire anche soltanto in sede civile, ben potendo conoscere il giudice civile, incidentalmente, la sussistenza del reato che legittima la richiesta risarcitoria. Occorre tuttavia comprendere quale sia in realtà la precisa ratio della prescrizione normativa di cui all'art. 609-bis, co. 2 n. 2.
Al fine di compiere tale attività ermeneutica si deve necessariamente intendere quale sia la funzione della norma incriminatrice: mi appare del tutto evidente che la funzione della norma in oggetto, che peraltro prevede una severa sanzione penale in caso di inosservanza, sia quella di tutelare il corretto processo di formazione della volontà , di colui che acconsente al compimento di atti di rilevanza sessuale, e quindi di tutelare la libera autodeterminazione di ogni qualsivoglia soggetto agente.
In altre parole, affinché possa ritenersi consumato il delitto, occorre che il soggetto si sia indotto al compimento di attività sessuali in ragione e a seguito dell'inganno subito, quando vi sia stata una sostituzione di persona, incidente sulla formazione della volontà e quindi della adesione al compimento di attività sessuali, che altrimenti non sarebbero state compiute se non vi fosse stato l'inganno sulla identità o sulle qualità dell'altra persona.
Tale mia interpretazione è suffragata, ad esempio, dal Codice Penale commentato ad opera di Emilio Dolcini e Gian Luigi Gatta, IV edizione, Wolters Kluwer, tomo III, pag. 346.
Per quanto concerne la sostituzione di persona, penalmente rilevante, oltre al caso classico di scuola (derivante in un caso di matrimonio per procura, nel quale la coniuge non aveva mai personalmente conosciuto il coniuge, dalla sostituzione alla persona del coniuge di soggetto a lui simile), vi è l'altro caso classico – spesso presente in boccaccesche comiche teatrali o in film di analogo tenore – del subentro in orario notturno nel letto coniugale al posto del vero coniuge. Nello studio del diritto penale si ricorda una sentenza del Tribunale di Ferrara del 27.09.1954, caso Maccapanni e Boni, in Riv. Pen. 1955, parte II, pag. 187, in realtà riferito alla previgente normativa, in cui, in orario notturno, un giovane condusse la fidanzata in un campo di grano, poi scostandosi e consentendo che al suo posto un amico, preventivamente nascosto nel campo, potesse giacere con la ragazza e con lei compiere attività sessuali.
Per quanto, invece, concerne il compimento del delitto attraverso un falso stato o false qualità vi sono state varie sentenze. Ad esempio la sentenza del Tribunale di Bassano del Grappa del 20.12.2012, confermata dalla Corte di Appello di Venezia in data 20.06.2013, riguardante la vicenda di una quindicenne che su Facebook aveva contattato un falso rappresentante di una agenzia di moda che, in cambio di atti sessuali, aveva promesso il passaggio del "provino" (nel caso di specie non vi furono attività sessuali) oppure i casi di soggetti che hanno compiuto atti sessuali con le vittime millantando di trovare posti di lavoro (Cass. 15.01.2001) o presentandosi come medici (Cass. 17.04.2013 n. 20754, CED 255907 e Cass. 6.05.2010 n 20568, CED 247492). Anche nella vicenda di un falso datore di lavoro che ha richiesto alla vittima di compiere atti sessuali su se stessa tramite la web chat Skype come contropartita dell'assunzione, si è ritenuto sussistere l'ipotesi normativa di cui all'art. 609-bis co.2 n.2 CP (Cass. Pen. Sez. III, sentenza del 21.09.2017).
Inoltre deve segnalarsi che la Suprema Corte (cfr. sentenza 32971 del 7.9.2015 della III Sez. Pen.) ha affermato che non è indispensabile l'inganno ma è sufficiente che vi sia una induzione che determini l'inganno della vittima, incidendo sulla sua determinazione all'atto sessuale, anche se a seguito di un'opera di persuasione sottile o subdola.
Secondo la dottrina, poi (cfr. Mantovani, Parte speciale, I, pag. 665, come rammentato nel richiamato Codice Penale Commentato) non sussisterebbe il reato nel caso in cui l'autore, senza compiere alcun inganno o aver indotto ad alcun inganno, abbia semplicemente tratto profitto dall'errore altrui sulla sua identità, dal momento che avrebbe incidenza penale soltanto una condotta produttrice dell'inganno e non approfittatrice dell'inganno.
Quando l'indicazione di false generalità o di false qualità è assolutamente irrilevante ai fini della formazione del consenso al compimento di atti sessuali, non si concreta la fattispecie incriminatrice (come può accadere, ad es., nel corso di un'orgia o anche in una di quelle camere oscure di circoli privati deputati ad incontri sessuali, dove il consenso all'attività sessuale è dato in ragione e in conseguenza della gradevolezza estetica e comportamentale dell'altro e non certamente in conseguenza di dati anagrafici o di qualità sociali).
Viceversa, se l'autore simula ad esempio di essere un appartenente ad una famiglia di speciale potere economico o sociale, tanto potrebbe essere incidente nella formazione della volontà di aderire al compimento di atti sessuali, allo scopo di poter intrecciare una relazione con una persona che possa offrire prospettive ritenute meritevoli di interesse; e tanto potrebbe configurare il reato anche nel caso in cui l'autore simuli ad esempio di essere un sacerdote, o un campione di arti marziali, allo scopo di poter conseguire un rapporto sessuale con una signora che su internet abbia richiesto l'ebbrezza di un rapporto sessuale con un sacerdote, o un campione di arti marziali.
Nel caso, infine, riguardante la indicazione di false generalità ad una escort, con la quale poi si è consumato un rapporto sessuale previa pattuizione del relativo compenso, certamente non si verte nella violazione dell'art. 609-bis co.2 n.2, in quanto, come è di comune esperienza, il consenso al rapporto fornito dalla escort è dato in ragione del compenso della prestazione – in casi rari anche in ragione dell'aspetto fisico dell'interlocutore – ma non certamente in ragione delle generalità del cliente, che di norma per una escort non assumono alcuna particolare rilevanza.