Risarcimento per lavoratrice con velo esclusa dalla selezione
Una sentenza della Corte d'Appello di Milano ha stabilito che questo comportamento costituisce discriminazione.
Circa due anni fa, un'impresa di ricerca del personale aveva deciso di escludere dal processo di selezione una candidata italiana di origine egiziana che, per motivi religiosi, indossava il velo e che aveva rifiutato di toglierlo.
Una sentenza del 4 maggio scorso della Corte d'Appello di Milano, però, ha stabilito che questo comportamento costituisce discriminazione.
Il processo di selezione doveva considerare diversi candidati per un lavoro di volantinaggio da eseguire durante il Salone internazionale del settore calzaturiero. Fra i vari candidati, si era presentata anche questa giovane donna di religione musulmana che aveva rifiutato di togliere il velo.
Come conseguenza, questa candidata di origine egiziana era stata esclusa dal processo di selezione.
L'impresa di ricerca di personale aveva affermato che era suo diritto quello di scegliere candidate e future lavoratrici anche in base alle qualità estetiche, secondo le richieste del suo cliente. Al contrario, la donna aveva denunciato la discriminazione subita, in quanto la situazione non poteva realmente compromettere la prestazione lavorativa, e aveva rivendicato il suo diritto a indossare il velo per convinzioni religiose.
In opposizione alla precedente sentenza del Tribunale di Lodi, la Corte d'Appello di Milano ha sottolineato
"il carattere discriminatorio del comportamento della società appellata consistente nel non aver ammesso l'appellante alla selezione per la prestazione di hostess nei giorni 3 e 4 marzo presso la fiera MICAM a causa della sua decisione di non togliere il velo".
Il risultato?
Un risarcimento danni di 500 euro. L'avvocato della lavoratrice, inoltre, ha affermato: «È una sentenza molto importante perché riconosce che il diritto all'identità religiosa è un elemento essenziale delle società democratiche e deve sempre essere garantito anche quando comporta un sacrificio di altre esigenze del datore di lavoro non altrettanto rilevanti, come quelle estetiche».
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