Separazione e regime degli accordi prematrimoniali
La giurisprudenza della cassazione dice quali siano gli accordi patrimoniali necessari e quali siano quelli eventuali nelle separazioni consensuali.
La Corte Suprema , con sentenza della I Sezione Civile n. 2036/18, depositata in data 26.01.2018, ha ribadito un principio invero già noto agli operatori del diritto, perdurando, in alcuni giudizi, la pretesa che le definizioni dei rapporti patrimoniali in sede di separazione consensuale dei coniugi siano necessariamente onnicomprensive di tutte le questioni che attengono alle loro problematiche patrimoniali.
Il giudice di legittimità, ancora una volta, è dovuto intervenire per affermare che "l'accordo raggiunto in sede di separazione consensuale non può disciplinare ciò che non ne ha costituito l'oggetto", in quanto l'accordo ha valore per quanto le parti hanno concordato e non per quanto le parti non hanno concordato. In realtà, come aveva affermato la Suprema Corte con la sentenza n. 16909 del 19.08.2015 della I Sezione Civile, la separazione consensuale è sostanzialmente un negozio di diritto familiare, a contenuto necessario in ordine al vivere separati , all'affidamento dei figli e all'assegno di mantenimento, ed un contenuto eventuale, che è costituito da rapporti patrimoniali autonomi che i coniugi possono regolare in occasione della separazione consensuale ma che possono anche non regolare oppure possono regolare in una diversa sede, anche eventualmente disciplinando solo alcuni dei rapporti patrimoniali esistenti fra di loro.
Al riguardo si rileva che la casistica è molto ampia e può concernere la divisione di beni comuni (sia mobiliari che immobiliari), le modalità di uso di beni esclusivi, l'assegnazione di quote societarie e la ridefinizione di ruoli societari, ecc. In realtà gli interessi patrimoniali dei coniugi possono essere vari ed estesi e "occasionalmente" possono essere definiti in sede di separazione consensuale ma possono anche rimanere indefiniti, definiti solo parzialmente in sede di separazione o definiti con accordi che intervengano al di fuori della separazione. Un tema di grande rilievo si pone in relazione all'eventualità di rivendicare la risoluzione per inadempimento degli accordi patrimoniali raggiunti in sede di separazione: ampio ed articolato è il confronto tra gli operatori del diritto e in detta materia e' intervenuta una sentenza del Tribunale di Torino del 22.06.2016, che ha affermato che in caso di "novazione", cioè quando le parti costituiscano un regolamento di interessi incompatibile con quello preesistente, mediante un contratto che preveda fatti o presupposti di fatto estranei al rapporto originario, non potrebbe addursi l'inadempimento di altre pattuizioni della separazione consensuale come causa di risoluzione dei nuovi rapporti che abbiano il detto contenuto "novativo", richiamando sul punto l'art. 1976 del codice civile.
Anche se tale orientamento ermeneutico appare conforme al dettato normativo della normale disciplina contrattuale codicistica, in chi si occupi di diritto familiare, nella considerazione dell'elevato valore precipuo che i patti della separazione hanno in un ambito estremamente delicato quale quello della famiglia, sorge la tentazione di sostenere che forse l'art. 1976 del codice civile non dovrebbe essere applicabile anche al diritto familiare, laddove viene in rilievo l'estrema importanza del rispetto dei patti della separazione che incidono su un bene di rilevanza costituzionale , qual e' l'istituto della famiglia. Tuttavia vi è da aggiungere che lo stesso art. 1976 c.c. espressamente prevede che la risoluzione della transazione per inadempimento può essere richiesta anche in caso di novazione, " qualora il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato", di talché ne consegue un consiglio a chi proponga accordi patrimoniali in sede di separazione consensuale : è bene prevedere espressamente la loro possibile risoluzione in caso di inadempimento degli altri accordi contenuti nella separazione consensuale.