Assegno divorzile: il mutamento dei presupposti nel tempo
La sentenza della Corte di Cassazione n. 11504 del 10/05/2017, ha innovato profondamente e rivoluzionato i criteri per la determinazione dell’assegno divorzile, utilizzati per circa 30 anni
In virtù dell'art. 5, comma 4, legge n. 898 del 1° dicembre 1970, nonché delle modifiche introdotte dall'articolo 10 della legge n. 74 del 6 marzo 1987, il Tribunale, con la sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, determinava l'assegno di mantenimento del coniuge più debole, tenendo conto delle condizioni economiche dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico apportato alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di entrambi o di quello comune, del reddito, valutando tutti gli elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio.
La sentenza delle Sezioni Unite civili n. 11490 del 29 novembre 1990 chiariva che, "L'assegno periodico di divorzio aveva carattere esclusivamente assistenziale, atteso che la sua concessione trovava presupposto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante". Per beneficiare di detto assegno, non era necessario trovarsi in uno stato di bisogno, rilevando invece l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali dovevano essere tendenzialmente ripristinate, per ristabilire un certo equilibrio.
La sentenza della I Sezione civile della Corte di Cassazione n. 11504 del 10 maggio 2017, ha innovato profondamente e rivoluzionato i criteri per la determinazione dell'assegno divorzile, utilizzati per circa trenta anni.
L'assegno divorzile ha perso totalmente la natura assistenziale e la conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non costituisce più un parametro di riferimento utilizzabile, poiché sostituito dal differente presupposto dell'" indipendenza economica" o "autoresponsabilità".
Secondo il recente orientamento, consolidatosi con le successive pronunce giurisprudenziali, il diritto all'assegno divorzile sorge solamente a fronte della mancanza di indipendenza o autosufficienza economica di uno dei coniugi, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi una esistenza economicamente autonoma e dignitosa. Di più, il coniuge debole richiedente l'assegno ha l'onere di provare di essere sprovvisto dei mezzi adeguati ed anche l'impossibilità a procurarseli per ragioni oggettive. Pertanto, se il coniuge ha un'occupazione o anche solo se è idoneo a lavorare, tenuto conto dell'età e della condizione di salute, non ha diritto al mantenimento.
Le ultime pronunce della Suprema Corte sono oggi oggetto di innumerevoli critiche e di discussione nei Tribunali italiani.
La dottrina ritiene che, in particolare, dovrebbe essere data una risposta chiara alla richiesta di tutela delle donne che abbiano indotto nella famiglia le proprie risorse, rinunciando ad una carriera lavorativa ovvero ad un contratto di lavoro full time preferendo un part time, in accordo con il marito, al fine di dedicare tempo all'assolvimento dei compiti domestici ed alla cura e crescita dei figli.
Gli studiosi del diritto chiedono, inoltre, di distinguere con maggiore chiarezza i presupposti, precisando la differenza fra indipendenza ed autosufficienza economica e stato di bisogno. La questione concernente il riconoscimento dell'assegno di divorzio ed il relativo criterio è stata rimessa alle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, su iniziativa del primo Presidente Giovanni Canzio.
Il 10 aprile 2018 le Sezioni Unite sella Suprema Corte si sono riunite; secondo il Procuratore Generale è sbagliato non tenere conto del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Ora rimaniamo in attesa dell'intervento chiarificatore da parte della Suprema Corte, che dovrebbe pronunciarsi entro la fine del prossimo mese.