Condominio: chi paga le infiltrazioni d’acqua?
Cosa succede in caso di infiltrazioni d’acqua in un appartamento? Chi paga?
Una recente sentenza della Corte di Cassazione accetta il ricorso di un condominio in seguito al danneggiamento di un appartamento a causa di infiltrazioni d’acqua.
La vita condominiale, si sa, può essere complessa. La convivenza con altre persone, infatti, può causare conflitti difficili da risolvere. È il caso dei rumori molesti, ad esempio, ma anche di eventuali guasti. Cosa succede, ad esempio, in caso di infiltrazioni d’acqua in un appartamento? Chi paga? Su questo tema si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27248/2018.
La vicenda
Due coniugi, proprietari di un appartamento sito in un condominio, avevano proposto domanda di risarcimento del danno contro un donna, proprietaria dell’appartamento sovrastante. L’appartamento della coppia, infatti, era stato danneggiato dalle infiltrazioni di acqua provenienti da quello superiore. La proprietaria aveva a sua volta affermato che la responsabilità era del condominio, costituito nella persona dell’amministratore, e aveva chiesto il rigetto della domanda e aveva proposto una domanda riconvenzionale. In seguito, il Tribunale di Sulmona ha accolto la domanda degli attori, rigettando la domanda riconvenzionale del condominio.
A sua volta, il condominio ha deciso di ricorrere in Cassazione contro la proprietaria dell’appartamento sovrastante. Secondo il ricorrente, infatti, si era commessa una violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, comma 3, e 2051 del Codice civile. La Corte d’appello, infatti, aveva deciso che la diramazione dell’impianto presente nell’appartamento era di responsabilità del condominio e non del condomino.
La decisione della Corte di Cassazione
I giudici della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso presentato dal condominio, rigettando la sentenza precedente. Secondo la Corte d’appello, pur avendo accertato che il punto di rottura dell’impianto si trovava all’interno dell’appartamento superiore a quello danneggiato, ha ritenuto che, in mancanza di elementi tecnici diversi, tale punto fosse da considerarsi situato sulla parte di impianto di proprietà condominiale.
I giudici della Corte d’appello, infatti, avevano seguito l’orientamento che prevede che “la presunzione di comunione delle parti comuni, elencate dal n.3 dell’art. 1117 c.c., fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, non sempre implica che, nell’ambito della porzione di fabbricato esclusiva del singolo condominio, non ricada alcuna parte comune […] il criterio distintivo tra parti comuni e parti esclusive del condominio è dato solo dalla loro destinazione, così che il condotto di acque è di proprietà esclusiva, indipendentemente dalla sua ubicazione”.
I giudici della Corte di Cassazione, però, hanno ritenuto incorretto questo orientamento, in quanto non prende in considerazione anche con l’art. 2051 c.c. che sancisce che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Secondo quanto si legge nella sentenza degli ermellini, la Corte di Cassazione ha deciso di seguire un orientamento diverso da quello della Corte d’appello: “la presunzione di condominio dell’impianto idrico di un immobile in condominio non può estendersi a quella parte dell’impianto stesso, ricompresa nell’ambito dell’appartamento dei singoli condomini, cioè nella proprietà esclusiva di questi, e di conseguenza nemmeno le diramazioni che, innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua agli altri condomini (Cass. 2043/1963)”.
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