Lavoro e persone “particolarmente a rischio” ai sensi dell’Ordinanza federale COVID-2
Quali sono i diritti e i doveri dei lavoratori definiti "particolarmente a rischio" dall'Ordinanza federale COVID-2? Uno spunto di riflessione sul rientro al lavoro post-COVID.
Negli scorsi mesi, abbiamo assistito ad un'emergenza sanitaria senza precedenti nel nostro Paese, la quale ha costretto molte imprese a chiudere temporaneamente, mentre altre si sono organizzate facendo lavorare i propri dipendenti da casa, in cosiddetto regime di home-working.
Con la graduale riduzione del numero dei contagi da COVID-19, le autorità hanno deciso di permettere a molte aziende di riprendere la propria attività, ciò che ha comportato (e comporterà) il rientro sul posto di lavoro per moltissimi lavoratori, fra i quali anche persone "particolarmente a rischio", come definite nell'art. 10b cpv. 2 dell'Ordinanza federale COVID-2: tale norma annovera fra le persone a rischio gli over 65 ma anche persone affette da diabete, patologie cardiovascolari, malattie croniche delle vie respiratorie, malattie o terapie che indeboliscono il sistema immunitario e cancro. Tale lista non è esaustiva e pertanto anche persone affette da ulteriori patologie possono rientrare nella categoria "particolarmente a rischio", laddove tale status venga comprovato mediante certificato medico.
Lo status di "persona particolarmente a rischio" viene certificato dal lavoratore stesso mediante un'autocertificazione: tuttavia, il datore di lavoro ha comunque la facoltà di richiedere un certificato medico supplementare.
Le persone particolarmente a rischio godono di diritti eccezionali nei confronti del datore di lavoro (i quali derogano parzialmente al regime ordinario), sanciti dall'art. 10c dell'Ordinanza federale COVID-2, da leggersi in combinato disposto con l'art. 328 CO.
L'art. 328 CO prevede che il datore di lavoro debba tutelare la salute dei propri dipendenti, soprattutto di quelli particolarmente sensibili: tale principio generale applicabile ai contratti di lavoro è stato recepito nell'Ordinanza federale COVID-2, la quale, all'art. 10c cpv. 1, sancisce il diritto del lavoratore, che faccia parte di una categoria a rischio, di continuare con il lavoro da casa, quindi in regime di home-working. Laddove non l'abbia ancora fatto, il datore di lavoro dovrà adottare tutti i provvedimenti organizzativi e tecnici necessari.
Se il lavoro usuale non può essere svolto da casa, allora il datore di lavoro dovrà trovare un lavoro alternativo ma equivalente per il dipendente, compatibile con il regime di telelavoro, in deroga al contratto di lavoro e senza modifica della retribuzione.
Nel caso in cui la presenza del lavoratore sul posto di lavoro sia assolutamente necessaria, allora il datore di lavoro dovrà prendere tutte le precauzione necessarie per tutelare la salute del dipendente rientrante nella categoria delle "persone a rischio" e segnatamente: i. la postazione di lavoro dovrà essere organizzata in modo da evitare qualsiasi contatto stretto con altre persone, in particolare mediante la messa a disposizione di uno spazio individuale o di uno spazio di lavoro chiaramente delimitato in cui possa essere mantenuta la distanza minima di 2 metri; oppure ii. nei casi in cui non sia sempre possibile evitare un contatto stretto, dovranno essere adottati provvedimenti di protezione idonei secondo il principio STOP (sostituzione, misure tecniche, misure organizzative, misure di protezione individuale).
La mancata adozione delle misure di cui sopra legittimerà il lavoratore facente parte di una categoria "particolarmente a rischio" a rifiutarsi di presenziare sul posto di lavoro, senza che ciò possa comportare un licenziamento per gravi motivi o altre sanzioni di natura disciplinare.
Infatti, nel caso in cui un datore di lavoro non sia in grado, per motivi organizzativi, tecnici o economici di garantire il rispetto dei diritti del lavoratore rientrante nella categoria delle "persone particolarmente a rischio" sanciti dall'art. 10c dell'Ordinanza federale COVID-2, allora egli dovrà concedere al lavoratore un congedo pagato.
Infine, si rileva come il mancato rispetto delle disposizioni summenzionate possa comportare, in capo al datore di lavoro, una responsabilità di natura civile (ed eccezionalmente anche di natura penale) laddove il lavoratore persona "particolarmente a rischio" dovesse subire un contagio da COVID-19 con conseguenti danni alla salute, direttamente riconducibili a negligenza, da parte del datore di lavoro, nella tutela della salute dei propri dipendenti.
Per qualsiasi ulteriore approfondimento, restiamo a vostra disposizione.