Le Sezioni Unite intervengono sugli affitti in nero
Il tema dei contratti di affitto in nero è sempre particolarmente scottante. La Suprema Corte interviene a tutela degli inquilini.
La Suprema Corte, in veste di Sezioni Unite (sent. 17.09.2015 n. 18213), torna su un tema sempre "caldo", ossia i confini della nullità dei contratti verbali di locazione e i limiti della validità dei contratti che, seppur scritti, sono affiancati da scritture private con patti diversi (in generale integrazioni del canone ufficialmente concordato).
Secondo la Suprema Corte se il conduttore è stato "costretto" dall'abuso del locatore a un contratto verbale, la conseguenza non potrà che essere il riequilibrio del rapporto mediante un'ipotesi di nullità relativa: ciò determinerà la possibilità per l'inquilino di chiedere la riconduzione della locazione nulla a condizioni conformi ai canoni "concordati" (sensibilmente più bassi dei canoni di mercato) e la possibilità di ottenere la restituzione di quanto versato in eccedenza. Resta a carico del conduttore l'onere di provare la "costrizione" subita da parte del locatore e volta ad ottenere l'instaurazione di un rapporto di fatto.
Nell'ipotesi in cui invece il contratto di locazione sia affiancato da una scrittura privata volta a determinare il versamento di un canone eccedente quello stabilito dal contratto registrato, il conduttore, considerata la nullità della "controdichiarazione", potrà ottenere la restituzione delle somme versate in eccedenza: e a nulla varrà la tardiva registrazione della controdichiarazione.
È presto per cogliere appieno le conseguenze della pronuncia in commento: certo è che la sentenza delle Sezioni Unite compie un deciso revirement rispetto alla sentenza n. 16089/2003, attribuendo nuova linfa all'art. 13 della legge n. 431/1998.