Licenziato un lavoratore che ha rifiutato il trasferimento

Il lavoratore aveva impugnato il trasferimento a livello stragiudiziale ma non a livello giudiziale.

13 SET 2018 · Tempo di lettura: min.
Licenziato un lavoratore che ha rifiutato il trasferimento

Una sentenza del Tribunale di Bari conferma il licenziamento di un lavoratore che non ha impugnato il provvedimento nei termini previsti dalla legge.

Può accadere che l'impresa decida di trasferire un dipendente in un'altra sede di lavoro. Secondo l'articolo 2103 del Codice Civile, il trasferimento è legittimo "per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive". Cosa succede se il lavoratore si rifiuta e non si presenta nella nuova sede di lavoro? Su questo tema, si è espresso il Tribunale di Bari, nella recente sentenza n. 35502, del 31 luglio 2018.

Il caso

Un lavoratore è stato licenziato per assenza ingiustificata dall'azienda per cui lavorava in quanto aveva rifiutato il trasferimento deciso dall'impresa stessa, non presentandosi sul posto di lavoro. Anche se il trasferimento è illegittimo, secondo quanto previsto dall'articolo 2013 del Codice Civile, il dipendente, durante il processo di impugnazione deve trasferirsi in attesa della risposta del giudice, o rischia di essere licenziato.

Il lavoratore dell'impresa, però, convinto di aver seguito il procedimento previsto dalla legge, ha fatto ricorso presso il Tribunale di Bari, impugnando il licenziamento.

Seguendo il procedimento previsto dalla legge, il lavoratore ha impugnato il trasferimento a livello stragiudiziale (ossia, attraverso una lettera raccomandata) entro 60 giorni. Tuttavia, in seguito, non ha presentato il ricorso a livello giudiziale nei successivi 180 giorni.

L'articolo 6 della Legge 604/1966, infatti, afferma che il provvedimento dev'essere impugnato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta. Ciò può avvenire anche in forma scritta, in maniera stragiudiziale. Tuttavia, il secondo comma, ricorda che

"L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso".

In più, l'articolo 32 della Legge 183/2010, ricorda che "le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento".

La decisione del Tribunale di Bari

I giudici del Tribunale di Bari hanno rigettato il ricorso presentato dal lavoratore. Il processo, infatti, riguardava il licenziamento, quindi a nulla sono servite le motivazioni del dipendente che denunciavano l'illegittimità del trasferimento che, in più, non era stato impugnato a livello giudiziale ma solo stragiudiziale.

Per il giudice del Tribunale, infatti, la mancata giusta impugnazione del trasferimento, e quindi la possibilità reale di mostrare l'illegittimità del provvedimento, non permette al lavoratore di utilizzare questa motivazione per poter opporsi al licenziamento. Di conseguenza, il datore di lavoro ha potuto licenziare il dipendente, in quanto l'assenza è fra le giuste cause del licenziamento.

Per evitare questo genere di errori, è preferibile rivolgersi a un professionista esperto in diritto del lavoro che conosca in maniera esatta i procedimenti previsti dalla legge.

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