Responsabilità del Comune per i danni causati dal marciapiede dissestato
Il pedone cade a causa di una fenditura presente sul marciapiede: il Comune condannato a risarcire i danni.
Così ha deciso la III Sezione Civile del Tribunale di Palermo, con sentenza n. 5370/2014, che ha condannato il Comune di Palermo a risarcire una nostra assistita dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa delle lesioni personali riportate cadendo al suolo dopo essere inciampata su una fenditura presente sul marciapiede.
Nel corso del giudizio è stata sostenuta dalla nostra difesa la responsabilità della Pubblica Amministrazione ai sensi dell'art. 2051 del codice civile secondo cui ciascuno è responsabile delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. >.
Il Comune, infatti, in quanto proprietario delle strade poste all'interno dell'abitato, non soltanto è obbligato alla loro manutenzione, come stabilito dall'art. 5 r.d. 15.11.1923 n. 2506, ma anche alla loro custodia.
Nel caso in esame, l'Ente comunale non ha fornito prova che l'evento dannoso sia stato imputabile al "caso fortuito" o al fatto colposo della stessa danneggiata, ma anzi è emerso che l'anomalia (fenditura) presente sul marciapiede non fosse percepibile dall'utente medio perché dello stesso colore della restante pavimentazione.
La nostra difesa ha sostenuto anche la responsabilità del Comune ai sensi dell'art. 2043 del codice civile.
Con riguardo alla clausola generale di cui alla richiamata norma, la giurisprudenza, relativamente alla figura sintomatica dell'insidia stradale, ha elaborato il concetto di danno da insidia o trabocchetto intendendo con la prima locuzione fare riferimento ad un inganno, un tranello oppure un pericolo non facilmente individuabile, mentre con la seconda locuzione riferirsi a quel fatto che nasconde bene una difficoltà o un tranello.
Il Tribunale di Palermo ha, tuttavia, circoscritto la responsabilità del Comune a quella prevista dall'art. 2051 del codice civile indipendentemente dalla effettiva percepibilità dell'anomalia da parte della danneggiata.
Né, afferma il Tribunale, si può pretendere che l'utente della strada, al di là dell'obbligo di diligenza e di prudenza, possa esercitare un costante monitoraggio dello stato dell'asfalto stradale essendo, al contrario, legittima la sua aspettativa di non imbattersi in pericoli causati dalla omessa custodia o manutenzione del bene demaniale.
Il Tribunale di Palermo, aderendo alla nostra tesi difensiva, ha inoltre quantificato il danno biologico micropermanente (ovvero di invalidità inferiore al 9%) subito dall'attrice non ricorrendo alle tabelle risarcitorie previste per questo tipo di danni dall'art. 139 del Codice delle Assicurazioni, ma applicando le tabelle in uso presso il Tribunale di Milano per la liquidazione dei danni macropermanenti (ovvero di invalidità superiore 9%).
Il ricorso alle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano hanno l'indubbio vantaggio di ricomprendere e liquidare congiuntamente al danno biologico anche il c.d. danno morale soggettivo, ossia le sofferenze psichiche e morali subite a seguito della lesione personale.
Diversamente dal sistema tabellare previsto dal Tribunale meneghino, le tabelle per la liquidazione del danno di lieve entità non consentono una contestuale quantificazione del danno morale; quest'ultimo viene riconosciuto dal Giudice solo se viene provata dal danneggiato la sofferenza emotiva patita quale voce di danno ulteriore rispetto a quella connessa alla lesione del bene salute.
Nel caso in esame, il Tribunale di Palermo, in linea con quanto affermato anche dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 12408/11, ha liquidato il danno non patrimoniale da lesione del diritto inviolabile alla salute (c.d. biologico) subito dalla nostra assistita, ricorrendo al sistema tabellare in uso presso il Tribunale di Milano ritenuto valido e necessario criterio di riferimento idoneo a garantire uniformità nella valutazione del danno alla persona.
Avv. Carlo Riela