Risarcimento danni per immissioni rumorose
È possibile richiedere il risarcimento danni da immissioni rumorose?
Una recente sentenza della Corte di Cassazione torna sul tema delle immissioni rumorose.
Durante la nostra giornata siamo spesso circondati da rumori o anche da odori poco piacevoli. Vivere in condominio, ad esempio, può essere difficile se i nostri vicini hanno la musica a tutto volume o hanno un cane che non smette di abbaiare neanche di notte. Le cosiddette "immissioni", infatti, sono un problema piuttosto comune. Secondo il primo comma dell'articolo 844 del Codice Civile:
"Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi".
Quando si supera la "normale tollerabilità"? Se per le attività produttive questa soglia viene definita dalla normativa, nel caso dei condomini, sarà un giudice che dovrà esaminare il caso concreto per decretare se l'immissione supera la soglia della tollerabilità e crea danni a chi le subisce. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riproposto il tema delle immissioni rumorose.
Il caso
Nel caso preso in considerazione dalla Corte di Cassazione, una donna richiedeva un risarcimento danni in seguito alle immissioni rumorose di una falegnameria sottostante il suo appartamento. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza depositata il 13/03/2013, aveva negato la possibilità di risarcimento in quanto, secondo i giudici, "il danno da immissioni sarebbe risarcibile solo ove ne sia derivata comprovata lesione della salute, non essendo risarcibile la minore godibilità della vita". La Corte d'Appello, infatti, sottolineava la necessità che la donna dovesse presentare "idonea documentazione sanitaria e chiedere l'espletamento di una c.t.u. medico-legale".
Secondo la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20445 del 28 agosto 2017, invece, la sentenza della Corte d'Appello di Roma sarebbe in contrasto "con l'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la prova della lesione di un diritto costituzionalmente garantito è anche prova del danno, da ritenersi in re ipsa". Gli Ermellini hanno affermato, infatti, che "il danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile al normale svolgimento della vita personale e familiare all'interno di una abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti". La Corte di Cassazione si è basata sull'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo:
Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Per questi motivi, gli Ermellini hanno accolto il ricorso della donna e accettato un risarcimento danni pari a 10.000 euro.
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