Sovraffollamento carcerario
La Suprema Corte di Cassazione interpreta in maniera favorevole al detenuto il modo per calcolare lo spazio minimo vitale
Tizio proponeva ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza che aveva rigettato il reclamo con cui il Magistrato di Sorveglianza aveva ritenuto che nessuna violazione dei diritti del detenuto si fosse verificata.
In particolare, Tizio era risultato ristretto in una cella di 3,75 mq e di 4, 64 mq.
La Suprema Corte di Cassazione, in accoglimento del gravame di Tizio, ha ritenuto violato il suo diritto ad uno spazio minimo, perché la magistratura di sorveglianza aveva mal calcolato la superficie calpestabile.
La Suprema Corte, infatti, dopo aver ricordato gli approdi della giurisprudenza comunitaria (Torreggiani contro Italia, Mursic contro Croazia, etc.), ha affermato il principio di diritto secondo il quale nel computo della spazio vitale non vanno calcolati i servizi igienici, il letto e gli arredi fissi.
Se lo spazio residuo è inferiore ai tre metri, allora si sarà verificata la violazione dell'art. 3 Corte EDU; se, viceversa, come nel caso deciso dalla Suprema Corte, è compreso tra i tre ed i quattro metri, allora ci sarà il sospetto di trattamento inumano e degradante, che ricorrerà soltanto qualora la valutazione congiunta di altri elementi riguardanti lo stato detentivo indicherà che, in concreto, vi sia stato un trattamento non rispettoso del precetto della norma comunitaria.
Conclusioni
La sentenza si apprezza perché consolida quell'indirizzo giurisprudenziale che assicura al detenuto dello Stato italiano una tutela più ampia rispetto a quella riconosciuta in sede comunitaria.