Sulla medicina estetica correttiva
Brevi cenni sul consenso informato e sulla responsabilità medica.
«Dottore, vorrei che risolvesse il mio problema. Devo migliorare il mio aspetto estetico ringiovanendo. Deve assolutamente intervenire perché il mio attuale compagno è un uomo più giovane di me…e ho bisogno di sentirmi adeguata».
Quante volte il chirurgo estetico sente frasi del genere di cui deve tener conto per far capire che intervenire sul viso o sul corpo con un'operazione chirurgica non è come andare in profumeria a prendere una cremina antirughe, ma è esecuzione di prestazione medica con effetti duraturi.
Su tali effetti la sua spiegazione deve essere particolarmente accurata, soprattutto se si trova ad affrontare un caso come quello sopra riportato in cui il paziente si trova in condizioni di forte stress al fine di non doversi poi difendere da pazienti che, delusi dell'esito dell'operazione, lo chiamano in giudizio per la rifusione dei danni. Trattasi, infatti, di caso rientrante nella cosiddetta medicina correttiva che, come tale, è finalizzata appunto a correggere imperfezioni di scarso valore ma che, d'altro canto, hanno una valenza fortemente emotiva per il paziente.
Tale tipo di medicina viene distinta da quella riparativa volta a ricostruire una parte della persona che è stata danneggiata da sinistri di vario genere e da quella ricostruttivadiretta a correggere difetti della persona che comportano conseguenze sulla salute (es: setto nasale storto con conseguente respirazione carente dal naso ed a bocca aperta).
Per tutti i tipi di medicina l'informazione sugli interventi medici devono ovviamente essere dettagliate e complete, tenuto conto del bagaglio culturale del paziente e non ridursi alla firma burocratica di un modulo di consenso informato.
Nel caso di "medicina correttiva" poi deve esserci un quid pluris.
Il medico deve prospettare, infatti, con particolare cura in modo che il suo paziente comprenda bene, quali siano le possibilità di ottenimento del risultato sperato e le cause potenziali di invalidità e/o inefficacia della prestazione professionale, nonché le ragioni che rendono eventualmente inutile e/o dannosa la prestazione rispetto al risultato che si attende la persona.
Quando a un intervento di chirurgia estetica consegua un inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare, all'accertamento che di tale possibile esito il paziente non era stato compiutamente o scrupolosamente informato consegue di solito la responsabilità medica quand'anche correttamente eseguito, una volta dimostrato, da parte del paziente che, se fosse stato adeguatamente edotto, non avrebbe dato il proprio consenso all'intervento medico (Cass. 06.06.2014 n. 12830).
Forse, a pensarci bene, è meglio una ruga in più…