Abuso di posizione dominante, di cosa si tratta?
Negli ultimi due anni, Google è stata costretta a pagare ben tre multe per abuso di posizione dominante.
Quali sono i comportamenti che rientrano nei casi di abuso di posizione dominante?
Quando si parla di antitrust, uno dei primi argomenti collegati a questo tema è quello del cosiddetto “abuso di posizione dominante”. In Italia, la prima legge riguardante questa tematica è la n. 287/90 del 10 ottobre 1990, intitolata “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”. In questo testo si sancisce che:
“È vietato l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”.
L’articolo 3 di questa legge, infatti, spiega che una impresa che si trova in una situazione dominante all’interno del mercato può cercare, in virtù del suo potere, di minare la concorrenza in modo sleale. Se trovarsi in posizione dominante non è un reato, infatti, lo è quello di usare questa condizione per danneggiare non solo le altre imprese dello stesso settore ma anche i consumatori.
Ovviamente, non esiste una legislazione in merito solamente a livello nazionale. La normativa più importante è quella a livello comunitario, da cui dipende anche quella italiana. In particolar modo, il Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) con l'articolo 102 sancisce che: “È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo” (primo comma).
Nello stesso articolo, il trattato specifica quali sono i comportamenti che rientrano nell’abuso di posizione dominante:
- imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita o altre condizioni di transazione non eque;
- limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;
- applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;
- subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.
Uno dei casi più importanti e rappresentativi degli ultimi anni è stato quello riguardante Google. La famosa impresa multinazionale, infatti, è stata costretta a pagare diverse multe dalla Commissione europea proprio per abuso di posizione dominante, ben tre in due anni. Nel 2017 era arrivata la prima di 2,42 miliardi di euro e poi, nel 2018, una di 4,34 miliardi di euro. L’ultima, qualche mese fa, è stata di 1,49 miliardi di euro a causa del servizio della piattaforma AdSense.
Proprio in questi giorni, inoltre, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un’istruttoria sulla stessa impresa: “Google, tramite il sistema operativo Android, detiene una posizione dominante nel mercato dei sistemi operativi per smart device e avrebbe rifiutato di integrare nell’ambiente Android Auto l’app ‘Enel X Recharge’, sviluppata da Enel per fornire agli utenti finali informazioni e servizi per la ricarica delle batterie delle auto elettriche”.
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