Condominio: bed & breakfast possibile se non esplicitamente vietato
Sentenza n. 727/2017: validi solo i limiti di destinazione d'uso dell'appartamento condominiale espressamente previsti nel regolamento
Il Tribunale di Roma accoglie il ricorso proposto dal proprietario di un appartamento sito in un condominio romano in quanto, avendo adibito alcune camere del suddetto appartamento ad attività di bed and breakfast, in sede di assemblea straordinaria riceveva intimazione a porre fine all'attività.
La domanda di parte attrice è sorretta dalla considerazione circa il mancato annovero dell'attività di bed and breakfast tra quelle inibite dal regolamento di condominio. Per converso, il condominio convenuto sottolineava i pregiudizi prodotti dall'attività in questione quali, tra questi, pericolo alla tranquillità, al decoro e alla sicurezza.
Il Tribunale di Roma accoglie la domanda della parte attrice con puntuale motivazione.
In particolare, il Tribunale rileva che la limitazione di destinazione d'uso dei condomini può avvenire o mediante esplicita elencazione delle attività vietate ovvero mediante indicazione puntuale dei pregiudizi da inibire. Nessun dubbio circa l'assenza di espresso divieto relativo all'attività di bed and breakfast; più complicata, invece, l'interpretazione della seconda modalità di limitazione. Parte convenuta proprio sul punto faceva leva sostenendo che le indicazioni regolamentari si sarebbero dovute interpretare come meramente esemplificative, non già come tassative. Il Tribunale di Roma, tuttavia, sottolinea che il pregiudizio "alla tranquillità, all'igiene, alla sicurezza, alla decenza, alla più rigida moralità e al buon nome del condominio" richiamato all'art. 16 del regolamento condominiale può avere valenza inibitoria dell'attività in questione solo se i limiti e i divieti siano "tali da escludere ogni possibilità di equivoco in una materia che attiene alla compressione di facoltà inerenti alla proprietà dei singoli condomini ed essere quindi connotati dalla massima chiarezza con riferimento alle attività ed ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire".
Richiamando l'orientamento della giurisprudenza della Cassazione, il Tribunale di Roma sottolinea che un divieto di ampia latitudine non può essere ritenuto valido se non consente di individuare l'interesse meritevole di tutela tale per cui si giustifica una compromissione delle facoltà inerenti la proprietà.
Da ultimo, il Tribunale ricorda che, come già espresso dalla Suprema Corte, "la previsione contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull'estensione ma sull'esercizio del diritto di ciascun condomino, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni propter rem, difettando il presupposto dell'agere necesse nel soddisfacimento di un corrispondente interesse creditorio." Conseguentemente l'opponibilità dei suddetti limiti ai terzi acquirenti deve esser regolata dalle norme proprie della servitù, così, in particolare, dall'indicazione nella nota di trascrizione delle clausole che ne limitano l'uso, non già mediante generico rinvio al regolamento condominiale.
In considerazione delle suddette puntuali motivazioni, dunque, il Tribunale di Roma annulla la delibera condominiale adottata in sede di assemblea straordinaria e liquida le spese come da soccombenza.