Il Contratto di Sale and Lease Back
Il contratto di SLB può rivelarsi una fonte di nuova liquidità per le imprese, se stipulato secondo i dettami della recente giurisprudenza che ne rendono lecita la funzione economico sociale
Il contratto di Sale and Lease Back, meglio noto come locazione finanziaria di ritorno, è una particolare fattispecie di leasing che negli ultimi anni ha trovato una sempre maggiore applicazione nell'ambito delle attività d'impresa come fonte alternativa ai canali ordinari per reperire un finanziamento business.
Nelle ipotesi di Sale and lease back una impresa cede ad una società finanziaria un bene strumentale di sua proprietà (si pensi a macchinari dall'ingente valore), per riottenerlo, non perdendone quindi l'utilizzo, con la formula contrattuale della locazione finanziaria (una sorta di "affitto con diritto di riscatto"). In tal modo, l'impresa che necessiti di liquidità, anche soltanto in via congiunturale, magari per nuovi immediati investimenti, può ottenerla senza rivolgersi agli ordinari canali del credito, rimanendo nel pieno godimento del bene ceduto e deducendo fiscalmente i canoni che pagherà periodicamente.
Inoltre, questa particolare fattispecie contrattuale prevede un'opzione in favore dell'impresa la quale, al termine del contratto potrà anche riscattare il bene strumentale, riottenendone così la piena proprietà. Al pari del leasing finanziario puro, il lease back costituisce esempio di contratto socialmente tipico nel mondo dell'attività di impresa, creato nei paesi di common law, salvo poi espandersi in altri ordinamenti come il nostro, pur non essendo disciplinato dal legislatore nelle sue precise caratteristiche strutturali.
Eppure, la più autorevole giurisprudenza, a più riprese ne ha riconosciuto la autonomia strutturale e funzionale quale tipico contratto di impresa. I profili giuridici più interessanti su cui la giurisprudenza ha concentrato la propria attenzione sono quelli relativi alla causa di questo accordo.
Sotto il profilo causale si tratterebbe, infatti, di un contratto a scopo di garanzia, laddove si ravvisasse un trasferimento di proprietà iniziale a fronte di una erogazione di denaro, senza che l'acquirente goda del bene e con successivo riacquisto della proprietà una volta che il debito sia stato interamente ripagato. In tal senso, dunque, la giurisprudenza è solita svolgere nelle ipotesi di lease back un esame della c.d. causa in concreto al fine di verificare che l'operazione contrattuale rientri nei limiti della liceità.
Infatti, se il mancato pagamento dei canoni da parte dell'impresa dovesse produrre come effetto la perdita della proprietà del bene con conseguente stabilizzazione del relativo diritto in capo alla società di leasing, allora bisognerebbe predicare la radicale nullità del contratti di Sale and lease back per illiceità della causa. Questo schema è infatti da considerarsi non meritevole di tutela quando sia utilizzato al precipuo scopo di aggirare l'espresso divieto di patto commissorio previsto dall'articolo 2744 c.c.
Tale norma prevede la nullità del patto, c.d. commissorio, cioè il patto con cui si convenga che, in mancanza di pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno si trasferisca al creditore. Trattasi di profili di criticità causati dalla derivazione anglosassone del contratto in commento, il quale, nascendo in un contesto giuridico diverso da quello nostrano, necessita alcuni accorgimenti per evitare di cadere sotto la scure dell'invalidità.
A conclusioni differenti si giunge, secondo quanto si legge nella interessante pronuncia n. 1625 del 28/01/2015 della Corte di Cassazione, ove si prendesse in considerazione l'inserimento all'interno del regolamento negoziale del SLB una clausola che preveda il c.d. "patto marciano". La clausola marciana mira infatti ad impedire che il creditore, in caso di inadempimento del debitore, si appropri di un valore superiore all'ammontare del suo credito.
Più precisamente, le parti convengono preventivamente che al termine del rapporto, effettuata la stima del bene con tempi certi e modalità definite, tali da assicurarne una valutazione imparziale, il creditore debba, per acquisire il bene, pagare l'importo eccedente l'entità del suo credito, sì da ristabilire il normale equilibrio tra le prestazioni, evitando così che si concretizzi un illecito trasferimento del bene in garanzia. L'inserimento della clausola marciana risulta, dunque, decisivo nell'ambito di una operazione contrattuale di SLB poiché consentirebbe di evitare, sin dall'inizio, il rischio illiceità della causa per violazione dell'articolo 2744 c.c., nonché la nullità del contratto.
Questa è la soluzione da ultimo adottata dalla più autorevole giurisprudenza che si è impegnata allo scopo di garantire cittadinanza all'interno del nostro ordinamento ad un contratto ritenuto vantaggioso dagli operatori commerciali e quindi anche meritevole di tutela. Perché, tuttavia, la clausola marciana possa conseguire l'effetto "legalizzante" del contratto di lease back, occorre che il procedimento volto alla stima del bene sia fondato su meccanismi oggettivi che consentano la verifica di congruenza tra valore del bene oggetto della garanzia, definitivamente acquisito dal creditore, ed entità residua del credito.
Inoltre è essenziale che tale patto sia stato concluso anticipatamente e che la stima avvenga invece solo a seguito dell'inadempimento del debitore. Alla luce di tale impostazione fornita dalla più recente giurisprudenza di legittimità, possiamo concludere affermando che il contratto di SLB nella sua forma pura sarebbe nullo per illiceità della causa, poiché integrante una inammissibile elusione del divieto di patto commissorio di cui all'art. 2744 c.c. Tuttavia, è pur vero che tale vizio genetico possa essere eliminato, con conseguente riconduzione a sistema dell'intero contratto, mediante l'inserimento di apposito patto marciano all'interno del regolamento contrattuale.
Avv. Renato Alfano
Managing Partner Studio Legale Alfano