La Cedu accetta il ricorso dei migranti rimpatriati nel 2016
L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione ha denunciato diverse violazione sia della Convenzione Europea dei diritti umani che della Convenzione di Ginevra.
La Corte Europea dei diritti dell'uomo (Cedu) vuole approfondire la vicenda per valutare se ci sono state violazioni dei diritti dei migranti.
Nel 2017 sono stati circa 119.000 gli immigrati accolti in Italia, un terzo in meno rispetto all'anno precedente, secondo i dati del Viminale. Sono aumentati, invece i rimpatri del 19,6% rispetto al 2016. Questi dati non si devono tanto a una diminuzione del fenomeno dell'immigrazione quanto più agli accordi fatti tra il governo italiano e quello della Libia. Sul fronte dell'immigrazione sono ancora tanti i passi in avanti da fare, specialmente per quanto riguarda i diritti delle persone che raggiungono l'Italia.
Su questo tema si è espressa la Corte Europea dei diritti dell'uomo (Cedu) che ha ritenuto ammissibile il ricorso di un gruppo di cittadini sudanesi, eseguito attraverso l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) e l'Arci, che, nel 2016, erano stati costretti al rimpatrio collettivo. Il 24 agosto di due anni fa, infatti, circa 40 sudanesi erano stati fermati a Ventimiglia e poi espulsi e rimpatriati. Alcuni riuscirono a sfuggire al rimpatrio, altri, invece, fuorno riportati in Sudan. Ciò fu possibile in seguito a un accordo di cooperazione fra il capo della polizia Gabrielli e quello della polizia nazionale sudanese.
Nonostante Gabrielli abbia sempre difeso la sua decisione che, secondo il suo parere, era in linea con le leggi internazionali e nazionale, alcuni sudanesi che erano stati espulsi sono riusciti a sfuggire al rimpatrio "in quanto soggetti a persecuzioni e discriminazioni nel Paese da cui provenivano".
Oltre ad accettare il ricorso, la Corte Europea dei diritti dell'uomo ha richiesto al governo italiano di approfondire la vicenda e di chiarire l'eventuale presenza di violazione dei diritti umani degli immigrati sudanesi.
Salvatore Fachile, avvocato dell'Asgi, ha dichiarato: "Sia davanti al giudice di pace, sia nelle fasi d'imbarco tutti quanti hanno manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale, ma la polizia italiana non gli ha permesso di fare richiesta d'asilo […] Non potevano essere espulsi perché rischiavano la persecuzione su base etnica nel loro paese".
L'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, infatti, ha denunciato diverse violazione sia della Convenzione Europea dei diritti umani che della Convenzione di Ginevra. Secondo l'articolo 33 della Convenzione di Ginevra, infatti:
"Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche".
Il principio di non respingimento, infatti, è previsto anche dall'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che chiarisce, inoltre, che "le espulsioni collettive sono vietate". Nessuno degli immigrati sudanesi, inoltre, è stato ascoltato singolarmente prima del procedimento di rimpatrio.
Ora, il governo italiano, avrà tempo fino al 30 marzo 2018 per offrire gli opportuni chiarimenti riguardanti la vicenda alla Corte Europea dei diritti dell'uomo.
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