La procedura per la composizione delle crisi da sovraindebitamento (L. 3/2012)
Lo scorso anno avanti il Tribunale di Monza la prima domanda di avvio della procedura per la composizione delle crisi da sovraindebitamento ai sensi della legge 3/2012.
Benchè tale strumento di soluzione della crisi, anche come integrato e modificato dal decreto legge “Sviluppo-bis” (D.L. 179/2012), sia stato pesantemente criticato per la complessità e la non adeguatezza della procedura a soggetti (i c.d. "piccoli debitori") non organizzati e preparati per affrontarla, nel caso di specie una precisa e puntuale assistenza legale nella formulazione della proposta ed il coordinamento con l’attestatore per il reperimento della documentazione necessaria hanno permesso anche una interlocuzione con i creditori che avevano già avviato azioni giudiziali per ottenere il pagamento del dovuto e a fronte della presentazione "informale" della proposta e del piano si sono già espressi positivamente con una sostanziale attesa nell’avvio di azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore.
In particolare, il debitore, al fine di evitare il sequestro conservativo ovvero l’iscrizione di ipoteca sull’immobile di sua proprietà, ai 3 principali (e più aggressivi) creditori è stato proposto il ripagamento integrale del loro credito nell'arco di 12 mesi dall'omologa dell'accordo a fronte della vendita dell’immobile, che sarebbe stata notevolmente rallentata e complicata qualora fossero intervenuti sequestri o iscritte ipoteche.
La procedura per la composizione delle crisi da sovraindebitamento è rivolta ai piccoli imprenditori e professionisti che non sono ammessi alle procedure concorsuali tradizionali (Fallimento, Concordato Preventivo, Accordo di ristrutturazione) con una espressa estensione della stessa ai “consumatori” già qualificati dall’art. 3 del Codice del Consumo (D. Lgs., n. 206/2005), al fine di fronteggiare la loro esposizione debitoria nei confronti dei creditori con la proposta di un piano per il ripagamento dei debiti in modo dilazionato ed eventualmente ridotto.
La riuscita del piano deve essere preventivamente attestata da un professionista nominato dal Tribunale (ovvero indicato dai c.d. organismi di composizione della crisi che dovranno essere appositamente costituiti presso ogni tribunale o camera di commercio). La principale tutela offerta al soggetto “sovraindebitato” che ricorre alla procedura è il divieto, sino alla omologazione, di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali o azioni cautelari, come anche il divieto sull’acquisto dei diritti di prelazione sul patrimonio del debitore.
La disciplina integrata e modificata dal D.L. 179/2012 prevede l'intervento dell'organo di composizione (ovvero dell’attestatore nominato dal tribunale sino a che non verranno costituiti i menzionati organismi), che deve redigere una relazione che contenga, tra l'altro, anche il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione e, soprattutto, sulla convenienza dell'accordo rispetto all'alternativa della liquidazione.
Il piano che il debitore, con l'aiuto dell'organo di composizione della crisi (regolato dall'articolo 15 della legge 3/2012), propone ai creditori e che si impernia su questi punti:
- il pagamento integrale dei crediti non pignorabili in base al l'articolo 545 del Codice ci procedura civile;
- le modalità di pagamento dei creditori anche suddivisi in classi;
- il possibile pagamento non integrale dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ma a condizione che la somma non sia comunque inferiore al ricavabile con la liquidazione dei beni assunti al valore di mercato;
- il possibile pagamento parziale anche dei tributi, a eccezione di quelli che costituiscono risorse proprie della Ue e in particolare l'Iva e le ritenute d'acconto operate ma non versate.
Il piano può quindi prevedere che siano falcidiati i crediti, dato che non si applicano necessariamente le regole del concorso.
A questo punto, il giudice fissa la data dell'udienza disponendo la comunicazione ai creditori del contenuto del piano affinché questi ultimi possano pronunciarsi accordando o no il loro consenso.
Nelle more della predetta convocazione, può disporre la sospensione – sino alla data di definitività del provvedimento di omologazione – di specifici procedimenti di esecuzione forzata idonei a pregiudicare la fattibilità del piano.
I creditori devono pronunciarsi almeno dieci giorni prima del giorno fissato per l'udienza, tramite posta elettronica certificata, fax, telegramma o lettera raccomandata: si considera consenziente anche il creditore che non si pronuncia. Se si raggiunge l'accordo con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti non privilegiati, il piano può essere omologato e diventare esecutivo.
Si segnala inoltre che per i crediti fiscali, poi, non è prevista una transazione come invece esiste per le procedure più importanti (articolo 182-ter della legge fallimentare), ma anche l'Erario rientra tra i creditori il cui soddisfacimento potrebbe essere parziale. Quindi, l'Erario potrebbe subire il contenuto del piano approvato, salvo che per l'Iva e le ritenute operate ma non versate: questi ultimi vanno onorati in pieno; al massimo, è concessa la dilazione del pagamento.
Per quanto riguarda il lato esecutivo della procedura, una volta omologata, qualora la soddisfazione dei crediti richieda l’utilizzo di beni sottoposti a pignoramento, oppure se previsto dall’accordo o dal piano, il giudice – su proposta dell’organo di composizione della crisi – nomina un liquidatore, tra i soggetti eleggibili a curatore fallimentare (art. 28 L.F.), che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate.
L’organismo di composizione della crisi risolve le eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo o del piano, e vigila sull’esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuali irregolarità, a norma dell’art. 13, co. 1 e 2, della Legge n. 3/2012.
Il Decreto Sviluppo-bis ha introdotto il successivo co. 5, contenente una disposizione che richiama la disciplina dei crediti prededucibili di cui all’art. 111, ultmo co., del R.D. n. 267/1942: i crediti sorti in occasione o in funzione dell’accordo o del piano del consumatore “sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”.
Il Decreto Sviluppo-bis ha, infine, introdotto una nuova disposizione, l’art. 14-bis, della Legge n. 3/2012, che attribuisce al tribunale il diritto di dichiarare – su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore – cessati gli effetti dell’omologazione del piano del consumatore, purchè ricorrano specifiche ipotesi. In particolare, la norma elenca i seguenti casi:
- è stato dolosamente, o con colpa grave, aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo, o dolosamente simulate attività inesistenti. L’istanza di cessazione deve essere depositata entro 6 mesi dalla scoperta, e comunque non oltre 2 anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto;
- il proponente non adempie agli obblighi derivanti dal piano, se le garanzie promesse non vengono costituite, oppure l’esecuzione del piano diviene impossibile, anche per ragioni non imputabili al debitore. La domanda di cessazione deve essere presentata entro 6 mesi dalla scoperta e, in ogni caso, non oltre 1 anno dalla scadenza del termine per l’ultimo adempimento previsto.