Registrare e filmare le conversazioni con il cellulare
Registrazioni e video eseguiti di nascosto con il cellulare: sono una prova utilizzabile?
Secondo una sentenza della Corte di Cassazione, le registrazioni fatte di nascosto con il cellulare possono essere utilizzate legittimamente in un processo se eseguite da uno dei partecipanti al colloquio.
Il rapido progresso tecnologico ha spinto la legge a cambiare altrettanto velocemente. Nonostante ciò, l'avvento di internet e degli smartphone ha creato non pochi problemi ai legislatori che spesso hanno difficoltà ad intervenire su alcune tematiche, ad esempio nel campo della tutela della privacy.
Parte di questo tema è stato preso in considerazione da una delle ultime sentenze della Corte di Cassazione, terza sezione penale (n. 5241/2017 del 3 febbraio 2017). Uno dei quesiti principali riguardava l'utilizzo, come prova documentale all'interno del processo, di registrazioni e video eseguiti di nascosto con il cellulare.
Sono una prova utilizzabile? Secondo la Corte, si tratta di prove lecite.
Il caso
La sentenza della Corte di Cassazione riguarda nello specifico l'accusa fatta nei confronti di un brigadiere dei carabinieri per aver costretto una prostituta ad avere relazioni sessuali con lui, abusando della propria posizione. Per avere la certezza del reato, i giudici si sono serviti delle prove audio e video eseguite dallo stesso imputato durante i suddetti incontri sessuali con la donna. Le registrazioni, secondo la Corte, sono una prova documentale lecita e provavano in maniera inconfutabile il reato.
Le registrazioni sono lecite?
Secondo la Corte, infatti, anche se in questo caso è stato lo stesso indagato a filmare il reato, queste prove sarebbero state valide anche se eseguite da altre persone, sempre che siano state parte integrante del colloquio o che siano state autorizzate ad assistere:
«le registrazioni, video e/o sonore, tra presenti, o anche di una conversazione telefonica, effettuata da uno dei partecipi al colloquio, o da persona autorizzata ad assistervi – che non commette reato perché autorizzato, costituisce prova documentale valida e particolarmente attendibile, perché cristallizza in via definitiva ed oggettiva un fatto storico – il colloquio tra presenti (e tutto l'incontro, se con video) o la telefonata».
La decisione della Corte di Cassazione, infatti, mette in secondo piano la tutela della privacy a favore della tutela dei diritti, come nel caso della violenza sessuale. In generale, chi utilizza queste registrazione come prove documentali non ha conseguenze a livello penale (artt. 617 e 623 del codice penale) o civile. Non è necessario che queste registrazioni vengano autorizzate da un giudice o dai carabinieri. Le intercettazioni, infatti, sono soggette ad altri limiti tecnici che non riguardano i privati.
In ogni caso i giudici sottolineano che la registrazione per essere lecita e utilizzabile come prova in un processo deve essere effettuata da uno dei partecipanti alla conversazione:
«non è possibile, pertanto, l'estensione dei limiti di applicabilità della normativa codicistica in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali anche alle intercettazioni di conversazioni tra presenti o al telefono svolte non solo da un estraneo, ma anche da uno degli interlocutori della conversazione medesima», ha affermato la Corte di Cassazione.
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