Revenge porn: il sì della Camera
Approvato l'emendamento che punisce il fenomeno del cosiddetto "revenge porn".
A inizio aprile, la Camera dei Deputati ha votato all’unanimità a favore della legge che punisce il cosiddetto “revenge porn” all’interno del disegno di legge “Codice Rosso” sul tema della violenza sulle donne.
Il testo sancisce che:
“chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e multa da 5.000 a 15.000 euro”.
In più, viene applicata la stessa misura anche a chi “avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o il video, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento”. La pena, invece, viene aumentata se il fatto viene commesso dal coniuge o ex coniuge o comunque da una persona legata da una relazione affettiva alla vittima o se il danno viene arrecato a una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o a una donna in stato di gravidanza.
Cosa s’intende per “revenge porn”?
È formato dalla parola vendetta (revenge) e pornografica (porn). Si tratta, infatti, della diffusione di immagini o di video di contenuto sessuale attraverso i social network o internet per vendicarsi della persona che compare in essi. È un fenomeno che colpisce soprattutto le donne e che si è moltiplicato negli ultimi anni. Ovviamente, la persona che compare in questi contenuti non ha mai acconsentito alla loro diffusione e, in alcuni casi, non è nemmeno consapevole di essere stata fotografata e/o filmata.
Spesso, inoltre, il revenge porn viene utilizzato dall’ex partner come punizione e umiliazione, magari in seguito a essere stato lasciato o per ricattare la vittima. Il risultato finale è proprio questo: chat e social network permettono una diffusione su grande scala di questi contenuti. Fino a questo momento, l’unica soluzione delle vittime era quella di cercare di “ridurre i danni” entrando in contatto direttamente con le piattaforme su cui viene condiviso il contenuto per richiedere la sua eliminazione. A livello legale, una persona colpita dal revenge porn poteva denunciare la persona che aveva diffuso i contenuti per reati come quello di diffamazione o di violazione della privacy.
Il revenge porn è un’altra delle tante sfaccettatura della violenza di genere, anche se ricordiamo che anche gli uomini possono esserne vittima, anche se in percentuale estremamente minore. Uno dei casi che più a fatto scalpore negli ultimi anni è stato quello di Tiziana Cantone che, dopo aver assistito inerme alla condivisione di un suo video a sfondo sessuale sul web aveva preso la decisione estrema di suicidarsi.
“Oggi per me è un giorno speciale. Il destino mi ha portato via ciò che di più prezioso avevo e finalmente la mia battaglia ha un riconoscimento” ha affermato Teresa Giglio, madre di Tiziana Cantone, dopo l’approvazione dell’emendamento alla Camera, secondo quanto riportato dal quotidiano il Corriere della Sera.