INAPPLICABILITA’ DEL CRITERIO DELLA PREVALENZA PER IL CONCORDATO IN CONTINUITA’ CON VENDITA DI ALCUNI IMMOBILI.
Il concordato tradizionalmente definito come misto è, nelle intenzioni del legislatore, un concordato in continuità che prevede la dismissione di beni.
Nel caso della previsione nel piano concordatario della continuazione dell'attività aziendale, seppure in forma limitata, non si può parlare di un tertium genus rispetto al concordato liquidatorio e al concordato in continuità (c.d. concordato misto), bensì si deve sempre far riferimento alla figura del concordato in continuità, disciplinato dall'art. 186-bis, comma 1 L.F. (Cassazione civile, sez. I, 15 Gennaio 2020, n. 734. Pres. Didone. Est. Pazzi).
La fattispecie rimessa al vaglio dei giudici di merito, poi approdata in Cassazione, riguardava una proposta di concordato che prevedeva un'operazione finalizzata a conseguire un valore di realizzo superiore a quello ottenibile dalla liquidazione del compendio immobiliare nelle condizioni in cui si trovava al momento dell'avvio della procedura. In una prima fase si sarebbe proceduto alla vendita di alcuni immobili allo scopo di consentire la formazione di una iniziale liquidità funzionale al completamento, in un secondo momento, degli altri immobili.
Nel caso di specie, si configura, secondo l'apprezzamento della Corte Suprema di Cassazione, l'ipotesi speciale prevista dall'art. 186-bis L.F.
In particolare, quest'ultimo articolo regola il concordato con continuità aziendale, offrendo al primo comma una definizione dell'istituto. Così la norma: "Quando il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa.".
Ed è proprio l'art. 186-bis L.F. ad includere espressamente nel novero della disciplina speciale il caso in cui si riscontri la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa.
La compresenza nel piano di attività liquidatorie ed attività di prosecuzione è, quindi, espressamente prevista dalla legge fallimentare. Il concordato tradizionalmente definito come misto è, nelle intenzioni del legislatore, un concordato in continuità che prevede la dismissione di beni.
Ma vi è di più. Tale norma non sancisce alcun giudizio di prevalenza fra le porzioni di beni a cui sia assegnato una diversa destinazione, ma fa riferimento alla liquidazione dei beni non funzionali all'esercizio dell'impresa, implicitamente ritenendo che quelli funzionali siano destinati alla prosecuzione dell'attività aziendale.
Così la citata Cassazione: "La regola prevista dalla norma non riguarda la quantità delle porzioni a cui sia affidato un diverso destino (e la conseguente prevalenza dell'una rispetto all'altra in funzione delle risorse da devolvere alla soddisfazione dei creditori), ma la funzionalità di una porzione di beni alla continuazione dell'impresa in uno scenario concordatario.". "Il parametro della funzionalità impone perciò all'interprete di indagare l'effettivo persistere di una continuità d'impresa che, sia pur in misura limitata o ridotta a taluni rami o sedi, assuma una sua autonoma rilevanza in termini economici ed a cui i beni sottratti alla liquidazione siano effettivamente strumentali.".
Va da sé che includere un concordato così strutturato nel novero dei concordati con continuità comporta la necessità di introdurre la clausola del miglior soddisfacimento dei creditori. Nell'ipotesi di concordato con continuità aziendale il piano deve dimostrare la sostenibilità finanziaria della continuità stessa, in un contesto di cautele da adottare al fine di evitare un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell'attività non può che essere funzionale (Cass. 9061/2017).
Tra le cautele necessarie anche l'osservanza della peculiare disciplina del concordato in continuità concernente il contenuto del piano e della relazione del professionista attestatore, ricordando tra l'altro la possibilità di una moratoria fino ad un anno del pagamento dei cediti privilegiati, la prosecuzione dei rapporti in corso e la partecipazione a procedure di affidamento a contratti pubblici anche a seguito del deposito del ricorso.
Altre norme sono poi applicabili alla tipologia di concordato in esame, tra cui l'art. 160, comma 4 L.F. in tema di soddisfazione minima dei creditori, l'art. 163, comma 5 L.F. in materia di proposte di concordato concorrenti, e l'art. 182-quinquies, comma 5L.F., in punto di autorizzazione di crediti anteriori.