Reddito di cittadinanza: i furbetti rischiano il carcere
Gli abusi possono essere puniti con pene di reclusione da uno a sei anni.
Da aprile sarà finalmente attivo il reddito di cittadinanza. Cosa rischiano i “furbetti” che abusano di questa misura?
Il reddito di cittadinanza, il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle e del governo Conte, sarà attivo da aprile di quest’anno. Il decreto legge n. 4/2019 che contiene questa misura, infatti, è entrato in vigore il 29 gennaio scorso. In sintesi, con il reddito di cittadinanza s’intende un reddito minimo garantito, ossia un contributo che viene versato a quelle persone persone che non hanno un lavoro e che raggiungono i requisiti, soprattutto economici, previsti dalla legge.
Tuttavia, per poter funzionare, uno dei requisiti fondamentali di chi fa richiesta e ottiene il reddito di cittadinanza è quello di essere onesti e di evitare abusi. Uno dei rischi più probabili, infatti, è che qualcuno potrebbe richiedere e ricevere il contributo ma che, al tempo stesso, continui a lavorare in nero. Questo pericolo è già stato preso in considerazione dall’attuale governo Conte.
Il mese scorso, infatti, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in un’intervista al quotidiano “La Stampa” aveva già affermato che: “Questa riforma contiene contromisure adeguate. E in fase attuativa saremo molto vigili contro i furbi che pensano di poter abusare di questa misura. Abbiamo predisposto strumenti di controllo in modo da poter incrociare le banche dati e di permettere all'Inps e alla Guardia di Finanza di fare tutte le verifiche sulle dichiarazioni Isee. Sono fiducioso che le misure saranno efficaci per contrastare gli abusi […] abbiamo previsto il carcere fino a 6 anni per chi fornisce dati falsi o continua a lavorare in nero. Mi sembra una pena sufficiente a scoraggiare qualsiasi furbetto”.
Il primo comma dell’articolo 7 del decreto legge n. 4/2019, infatti, sancisce che:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all'articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
Il secondo comma del decreto legge, inoltre, afferma che l'omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio, è punita con la reclusione da uno a tre anni.
Chi viene condannato in via definitiva ai commi 1 e 2, per il reato previsto dall’articolo 640-bis del codice penale o “alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per gli stessi reati”, viene punito con l'immediata revoca, da parte dell’INPS, del beneficio con efficacia retroattiva e il beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito.
In più, si rischia la decadenza dal reddito di cittadinanza in una serie di casi previsti dall’articolo 7, comma 5 e seguenti, ad esempio nel caso in cui uno dei componenti del nucleo familiare non effettua la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.
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