Affiliazione alla ‘ndrangheta: può, in assenza di altri elementi, fondare un giudizio di responsabilità penale?
La prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione rimette alle Sezioni Unite la delicata e controversa questione
E' un'annosa questione quella dei requisiti minimi per l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato per il sol fatto di risultare affiliato ad un sodalizio criminoso.
La giurisprudenza di legittimità, invero, ha sviluppato due filoni:
il primo, secondo cui sarebbe una condotta penalmente rilevante, lesiva del bene giuridico ordine pubblico; l'appartenenza, equivarrebbe, in sostanza "ad una messa a disposizione" che, per ciò solo, rafforzerebbe il sodalizio criminoso;
il secondo, più garantista, secondo cui, invece, sarebbe necessario un quid pluris, ovvero disporre di elementi concreti e specifici idonei a descrivere un ruolo attivo all'interno dell'organizzazione criminosa.
La prima Sezione Penale, con l'ordinanza 0571/21 del 9 febbraio 2021, ha rimesso la parola alle Sezioni Unite (che, si spera, possano mettere fine all'annosa questione).
L'ordinanza della Suprema Corte, invero, rileva preliminarmente come, nella questione ermeneutica, si intreccino questioni di politica criminale, rispetto alle quali il giudice non può che rimanere estraneo.
Prosegue nell'osservare, muovendo dal dato letterale, che l'art. 416 bis c.p. recita "chiunque fa parte di un'associazione per delinquere", cosicché potrebbe ben essere sufficiente la mera affiliazione per configurare il reato.
Poiché, però, esiste un altro orientamento ermeneutico secondo cui, invece, occorre individuare ulteriori elementi, la prima sezione penale demanda alle Sezioni Unite di stabilire quali siano gli indicatori fattuali da ricercare in concreto, fermo restando il limite all'interpretazione creativa che nasce dal modello legale di tipicità e dalla funzione che deve essere riconosciuta al giudice, di interpretazione, pur all'interno del recinto tracciato dal legislatore.
L'ordinanza in commento, inoltre, pur richiamando la nota sentenza Mannino (Sezioni Unite n. 33478 del 12.07.2005), la quale fa riferimento al ruolo dinamico e funzionale del partecipe all'interno del sodalizio criminoso, stranamente afferma come essa non sia utile al fini della decisione.
Ci si permette, sommessamente, di dissentire da tale affermazione.
La giurisprudenza, infatti, ha già da lunghi anni individuato gli elementi concreti in presenza dei quali è possibile affermare l'appartenenza e la costante messa a disposizione del sodalizio criminoso (ad esempio commissione di delitti-scopo, servizi di ocp, etc.), cosicché, in presenza della sola affiliazione, sganciata da qualsivoglia altro elemento relativo al dato temporale, ai compiti assegnati all'affiliato svolgere o svolti a vantaggio del sodalizio criminoso, l'indagato/imputato dovrebbe essere prosciolto.
Queste le conclusioni a cui, nel rispetto dei principi di offensività e tipicità, è possibile ed auspicabile che le Sezioni Unite approdino.