Convivente deceduto: nessun diritto sulla casa per l’ex convivente

Questo diritto spetterebbe solo al coniuge, così come disciplinato dal comma 2 dell'articolo 540 del Codice Civile.

1 AGO 2017 · Tempo di lettura: min.
Convivente deceduto: nessun diritto sulla casa per l’ex convivente

Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, nel caso preso in considerazione, l'ex convivente non ha il diritto di restare nell'immobile se gli eredi ne richiedono il possesso.

Sono sempre di più le coppie che decidono di convivere prima di sposarsi o semplicemente di convivere senza convolare a nozze. Cosa succede nel caso in cui uno dei due conviventi muoia? L'altro partner ha la possibilità di richiedere il diritto sull'immobile o sull'abitazione? Non è possibile, anche secondo quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10377 del 27 aprile 2017. Questi diritti, infatti, spetterebbero solo al coniuge, così come disciplinato dal comma 2 dell'articolo 540 del Codice Civile.

"Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni".

Nemmeno la recente legge sulle unioni civili, infatti, permetterebbe alla ex convivente di poter rimanere nell'immobile.

Il caso e la sentenza

Il caso riguarda una donna che, dopo aver convissuto per diversi anni con il compagno, ormai deceduto, è stata condannata al rilascio dell'immobile "sine titulo" e di proprietà che, secondo la successione legittima, apparteneva alla figlia e all'ex coniuge. Secondo la donna, inoltre, aveva diritto a ricevere un risarcimento per aver assistito personalmente l'ex convivente e per essersi occupata delle sue spese mediche.

La Corte d'Appello di Roma ha accolto la domanda degli eredi legittimi, ritenendo che la convivenza non da il diritto alla convivente di possedere o detenere l'immobile, in quanto l'articolo 540 del Codice Civile è applicabile solo per il coniuge. Anche nel caso dell'assistenza medica, inoltre, i giudici hanno sottolineato che era stata messa in atto in nome del rapporto more uxorio, quindi non in regime di lavoro subordinato, e che era stato il deceduto a pagare le spese attraverso la sua pensione.

La donna ha deciso in seguito di ricorrere presso la Corte di Cassazione, apportando anche come motivazione la crescente tutela nei confronti della famiglia di fatto. Nonostante le ragioni della ex convivente, i giudici della Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso.

Con la fine della convivenza, si estingue anche la possibilità e il diritto della detenzione sull'immobile. La convivente può avere questo diritto solo nel caso in cui venga inserita nel testamento, ricordando però sempre i diritti dei cosiddetti "legittimari".

Rispetto alle ragione apportate dall'ex convivente sui diritti delle famiglie di fatto, inoltre, secondo gli ermellini, non inciderebbe sui diritti di terzi sul bene immobile. La recente legge 20 maggio 2016, la cosiddetta legge Cirinnà, infatti, non era in vigore durante lo svolgimento dei fatti. L'articolo 1, comma 42, avrebbe permesso al convivente di continuare a vivere nell'immobile:

"In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni".

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