VIETATE LE INNOVAZIONI NEL GIARDINO DI PROPRIETA' IN CONDOMINIO SE VIENE LIMITATO IL DIRITTO DI VEDUTA ALTRUI.
Così si è pronunciata la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 14294/2020 in tema di nuove costruzioni nel giardino di pertinenza di un appartamento all'interno di un condominio.
Il proprietario di un appartamento all'interno di un condominio non può trasformare l'area verde di pertinenza in un posteggio con tettoria per la propria auto in quanto chi abita al piano superiore ha diritto di esercitare la veduta in appiombo dalla sua finestra.
Così si è pronunciata la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 14294/2020 in tema di nuove costruzioni nel giardino di pertinenza di un appartamento all'interno di un condominio.
Nel caso concreto, la proprietaria dell'appartamento posto al piano terra in un complesso condominiale ha realizzato, nella propria area verde, una nuova e più arretrata recinzione dello spazio condominiale, aprendo, inoltre, un varco carrabile nella sua proprietà ed ha, sempre nell'area di sua proprietà, costruito una "pompeiana".
A seguito dei suddetti interventi, i proprietari dell'appartamento posto al primo piano hanno citato in giudizio la condomina del piano terreno affinchè fosse condannata al ripristino dei luoghi nello stato in cui erano prima dello svolgimento dei lavori ed al risarcimento del danno.
Il Tribunale di primo grado ha, parzialmente, accolto le domande degli attori condannando la convenuta, solamente, a ripristinare la destinazione "a verde" dell'area scoperta di pertinenza del suo appartamento.
Essendo state solo parzialmente accolte le domande attoree, gli inquilini del primo piano hanno appellato la Sentenza di primo grado.
La Corte d'Appello adita ha, parzialmente, riformato la Sentenza emessa dal Giudice di primo grado ed ha condannato l'appellata non solo a ripristinare l'area "a verde", ma anche a ripristinare la recinzione eliminando i varchi, a rimuovere la "pompeiana" ed a risarcire il danno in favore degli appellanti.
A parere dei Giudici di secondo grado, infatti, la nuova recinzione non poteva essere considerata come sostitutiva della precedente in quanto collocata in una posizione più arretrata e con un varco chiuso da un cancello prima inesistente.
Nella Sentenza emessa dalla Corte d'Appello viene, inoltre, specificato che l'innovazione deve essere considerata vietata, ai sensi dell'art. 1120, secondo comma c.c. in quanto può arrecare pregiudizi alla sicurezza del fabbricato e rende la recinzione inservibile all'uso ed al godimento da parte degli altri condomini.
In merito alla costruzione della "pompeiana", la Corte d'Appello ha ritenuto che la stessa avesse dimensioni tali da ostruire la vista sia a piombo che obliqua degli appellanti indipendentemente dall'apertura del tendone, vista che non può essere limitata in assenza di specifica previsione nall'atto di acquisto dell'immobile.
I Giudici di secondo grado hanno, altresì, condannato l'appellata al risarcimento del danno in favore degli appellanti per aver limitato con la costruzione il loro diritto di prospetto.
L'appellata soccombente ha proposto ricorso avanti la Corte di Cassazione ritenendo che la Sentenza di secondo grado dovesse essere riformata per diversi motivi.
Con il primo motivo di ricorso, è stata eccepita la legittimità della costruzione della nuova recinzione con passo carraio in quanto la destinazione d'uso della stessa era condominiale come la precedente e non vi era alcun limite d'uso da parte degli altri condomini, la cui sicurezza si era, invece, rafforzata grazie all'innovazione apportata.
Con il secondo motivo di ricorso, invece, la ricorrente evidenziava la legittimità della nuova recinzione in quanto la modifica era stata approvata durante l'assemblea condominiale.
La Suprema Corte ha analizzato congiuntamente il primo ed il secondo motivo di ricorso e li ha entrambi rigettati.
Gli Ermellini, infatti, hanno ritenuto che l'innovazione eccedesse i limiti della conservazione e dell'ordinaria amministrazione della cosa comune.
Nella Sentenza in commento viene specificato che la vecchia recinzione non esiste più e che quella nuova è posta nell'area di proprietà della ricorrente e ciò la rende irraggiungibile da terzi i quali per avvicinarsi dovrebbero transitare su una proprietà privata.
La delibera assembleare è stata, pertanto, ritenuta irrilevante.
Con il terzo motivo, la ricorrente ha eccepito la nullità della Sentenza di secondo grado nella parte in cui prevedeva il risarcimento del danno in favore degli appellanti in quanto gli stessi avevano prestato il consenso alla realizzazione della "pompeiana", contestando solamente alcune difformità esecutive e non le limitazioni alla loro veduta.
La Corte di Cassazione ha ritenuto di non dover accogliere nemmeno questo motivo di ricorso specificando che pretendere il rispetto della corretta distanza significa opporsi ad una realizzazione illegittima dell'opera.
Secondo la Suprema Corte, infatti, nel momento in cui si acquista il diritto di avere una veduta sul fondo vicino, lo stesso non può essere limitato se non con la costituzione di una servitù prediale, attraverso un patto che specifichi con esattezza gli estremi.
Irrilevante è stata, pertanto, considerata la mancanza di obiezioni da parte dei proprietari dell'appartamento al primo piano in merito alla realizzazione della "pompeiana".
Da ultimo, la ricorrente ha eccepito il fatto che il montante della "pompeiana" non ostacola il diritto di veduta da parte degli originari attori.
La Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter accogliere nemmeno detto motivo di ricorso sostenendo che requisito del diritto di veduta non è solo l'"inspectio", ma anche la "prospectio" che consiste nella possibilità di vedere e guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente sul fondo altrui.
La "pompeiana" è stata ritenuta di ostacolo al diritto di vista degli inquilini del primo piano.
La pronuncia della Suprema Corte ha, pertanto, confermato la Sentenza emessa dalla Corte d'Appello, pertanto, è divenuta definitiva la condanna della ricorrente al rispristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento del danno.